Giovedì 19 Dicembre 2024
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

Venezia, la maestra merlettaia: "La nostra arte che incanta i turisti"

Lorena Novello, 65 anni, tra le più giovani (e ormai pochissime) a praticare un'arte secolare amatissima dai visitatori

Lorena Novello, 65 anni, maestra merlettaia di Burano

Venezia, 28 maggio 2020 - Maestra merlettaia: pronunci le parole e sei già immerso in un altro mondo. "Ho 65 anni, penso di essere tra le più giovani. Ho cominciato a 10 anni e mezzo. Una passione. Non riesco a stare una giornata senza prendere il cuscinello in mano, noi lo chiamiamo così in buraneo, in italiano si dice tombolo. E’ un lavoro lungo, ci vuole tanta pazienza. Lo devi sentire dentro, non se so mi spiego". Lorena Novello sembra un quadro. La voce calma, di chi è abituata a dare valore al tempo. Una cosa sola con gli strumenti di un’arte antichissima, secolare a Burano dove vive. Nell’800 in paese c’era una scuola, qui le ragazze anzi le bambine imparavano a tessere tessuti preziosi come sogni, opere d’arte create con ago e filati scelti. Oggi l’edificio è stato trasformato in museo, grazie alla passione della direttrice Chiara Squarcina resta qualcosa di vivo, le maestre merlettaie hanno un laboratorio. Custodi orgogliose di una sapienza che non si può copiare: anche questa è l’Italia segreta che rende il nostro Paese unico al mondo. 

Allieve? "Le ragazze non le vedo così interessate, non c’è troppo amore per le cose manuali. Quella invece è stata la nostra educazione... I turisti però rimangono ad occhi aperti quando ci vedono lavorare. Ma adesso  con questa epidemia è triste, un gran deserto. Prima quando stavi in giardino passavano e s’incantavano a guardarci, per noi era una grande soddisfazione".

Ha iniziato da bimba a tessere pizzi. "Appena finita la quinta elementare, a casa insistevano perché andassi alle medie. Io non volevo, mi hanno detto: scegli, quello o il merletto. Mia mamma e mia nonna hanno sempre lavorato, mia mamma era brava proprio nel punto Burano. Guadagnava qualcosa e ci comprava un paio di scarpe, un grembiule".

Quante siete, oggi? "Siamo rimaste davvero poche. In sette abbiamo fatto un’associazione, collegata con il museo e la dottoressa Squarcina. Abbiamo un laboratorio, adesso però con il Coronavirus è stato bloccato tutto. Frequentano una decina di persone. Qualche signora, qualche ragazza. Ma è un lavoro lungo da imparare, ci vogliono anni. Soprattutto ci vuole amore. Quest’arte sta morendo".

Voi e poi tutto il resto del mondo, pizzi e trine fatti a macchina e made in China. "Qualche negozio ha i nostri lavori ma è talmente impegnativo che per fare anche solo una farfallina ci vuole una settimana. Qualcosa si vende, un centrino, tutte cose piccole. La striscia per un tavolo sarebbe troppo costosa. I turisti rimangono incantati perché quando vanno fuori nei negozietti trovano per lo più cose fatte a macchina. Invece con il merletto da ago e filo si costruisce dal nulla... Ma per capirlo, bisogna vederlo".

In casa sua avrà di tutto... "Sì, di tutto. Lavoro ma non vendo niente. Ci metto un anno, due anni, alla fine  me tengo tutto. Perché è come una parte di me, mi capisce?».

Non bisogna avere fretta. Una tovaglia a merletto sarà un'impresa. Ride: "Ci vogliono tanti anni e tante merlettaie. Io sono arrivata al centrotavola. Per questo dico, quando si riesce a fare un pezzo grande, non è che si ha tanta voglia di venderlo. Non si sa neanche dare un prezzo”.

Lei e il cuscinello, tutti i giorni. "Sì, almeno tre o quattro ore, se posso. Soprattutto la sera, quando il marito va a letto ed è tutto a posto, mi siedo là tranquilla... Per me è un relax".

In famiglia è riuscita a  trasmettere la passione? "Ci provo con la mia nipotina, ma ha solo 5 anni. Ho sempre l’idea di farle un piccolo cuscino per vedere se le viene  voglia. Dentro di me però penso:arriverà un momento in cui non ci sarà più nessuno che lavora. E mi viene una gran tristezza. Mi dispiacerebbe che tutto questo andasse perso".

Venezia è in emergenza da novembre, prima l’acqua alta poi il Coronavirus. "Ma ce la farà, com’è stato in tempo di guerra. Penso alla mia mamma, faceva quello che faccio io oggi, solo adesso me ne rendo conto. Ci metteva a letto tutti, eravamo piccoli, poi si sedeva sotto un lume e cominciava a lavorare al merletto. Lo faceva per bisogno. Questo è un brutto momento ma ne verremo fuori senz’altro".