Città del Vaticano, 30 marzo 2018 - Come se fossero scritte da Gerusalemme in presa diretta, nelle ore febbrili della Passione di Cristo. Colpiscono per la freschezza e il coinvolgimento emotivo nella fine tragica di un uomo "solo di qualche anno più grande di me" le meditazioni per la Via Crucis firmate da Maria Tagliaferri e dagli altri 14 studenti ed ex del liceo classico romano ‘Pilo Albertelli’. È la prima volta che la stesura delle preghiere del rito solenne di stasera al Colosseo viene affidata a ragazzi tra i 16 e i 27 anni. A deciderlo Papa Francesco che ha tracciato così una linea rossa tra la Via Crucis e il Sinodo sui giovani di ottobre. Le meditazioni dei liceali capitolini, coordinati dal docente di religione Andrea Monda, ruotano attorno alla condanna di Gesù, che si mostra ai loro occhi come un’ingiustizia. Ma allo stesso tempo le preghiere inducono all’esame di coscienza, anche ruvido, sui limiti dei giovani. Troppo spesso in balia delle contraddizioni dei social e sedotti dalla dittatura delle apparenze imperante nella nostra società dei consumi.
"IL DILAGARE DEI SOCIAL" - Per tre volte la folla invoca la morte di Gesù e la liberazionedel ribelle Barabba. Il governatore romano Ponzio Pilato prova a placarla, poi cede e se ne lava le mani. È la pancia del popolo d Israele a decretare la fine di Cristo. I ragazzi del liceo ‘Albertelli’osservano la scena e si indignano prima di riconoscersi invischiati in uno sciame umano che, celandosi dietro profili virtuali, calpesta il prossimo senza misericordia. L’odio oggi abbandona la piazza e deborda su Facebook e altre piattaforme digitali. "Mi guardo intorno – scrive Greta Sandri nel commento alla undicesima stazione della Via Crucis – e vedo occhi fissi sullo schermo del telefono, impegnati sui social network ad inchiodare ogni errore degli altri senza possibilità di perdono". Uomini, adulti e non, che "in preda all’ira, urlano di odiarsi per i motivi più futili".
"TANTE CADUTE, SIAMO FRAGILI" - Gli studenti dell’Albertelli si guardano allo specchio e riconoscono le fragilità, loro e degli altri giovani. Gettano le maschere, si spogliano delle corazze d’ordinanza. A muoverli è Gesù che vedono cadere per tre volte sotto il peso della croce e altrettante rialzarsi, anche quando "sembri definitivamente sconfitto". Gli stanno accanto e colgono i loro limiti. "Cadiamo così tante volte che perdiamo il conto e speriamo sempre che ogni caduta sia l’ultima, perché ci vuole il coraggio della speranza per affrontare la sofferenza– riconosce Chiara Bartolucci, autrice della nona meditazione –. Quando uno cade tante volte, alla fine le forze crollano e le speranze svaniscono definitivamente". Spesso si resta soli come Cristo che non trova nessuno a sorreggerlo, se non l’inatteso Simone da Cirene, lo straniero, che – ricorda Chiara Mancini (foto) alla quinta stazione – forse di Gesù "aveva sentito parlare eppure non ti aveva seguito".
"I RIMPROVERI? NECESSARI" - Viviamo una fase in cui tanti, troppi genitori evitano di correggere i figli. Anzi, se quest’ultimi prendono una nota in classe, il giorno dopo si catapultano a scuola per sbraitare con gli insegnanti, colpevoli (senza appello) di aver preso un abbaglio. Gli sbagli degli eredi pesano come fallimenti personali per un esercito di mamme e papà che, con la scusa di non ferire i pargoli (basterebbe usare i modi giusti), preferiscono mentire a se stessi o far finta di niente. Poi si scopre che a invocare il rimprovero sono gli stessi ragazzi. Sofia Russo, all’VIII meditazione della Via Crucis, se ne fa lucida portavoce: "Siamo abituati ad un mondo fatto di giri di parole, una fredda ipocrisia vela e filtra ciò che vogliamo realmente dire; gli ammonimenti si evitano sempre di più, si preferisce lasciare l’altro al proprio destino, non curandosi di sollecitarlo per il suo bene". Tutt’altro da Gesù le cui parole di verità "hanno il solo scopo della correzione, non del giudizio".
"ANDARE OLTRE L'IMMAGINE" - Quello di Gesù a un passo dalla crocifissione è un volto inguardabile, devastato come è dalla violenza dei soldati che si sono accaniti sul Figlio di Dio dopo la sua condanna a morte. Eppure, lungo la salita verso il Golgota, si indovina una donna che si fa largo tra la folla per scorgerlo quel viso, asciugargli il sudore, levargli il sangue impastato di polvere. Si chiama Veronica e per gli studenti del liceo ‘Albertelli’ è il simbolo di un amore che va oltre l’esteriorità. Il suo gesto di carità è uno schiaffo assestato a una ‘società liquida’ come la nostra, per dirla con Zygmunt Bauman. "Veronica non si ferma all’apparenza oggi tanto importante nella nostra società delle immagini – la celebra Cecilia Nardini (foto) alla VII stazione –, ma ama incondizionatamente un volto brutto, non curato, non truccato e imperfetto. Quel volto, il tuo volto, Gesù, proprio nella sua imperfezione mostra la perfezione del tuo amore per noi".