Roma, 6 gennaio 2024 – La scuola di Giuseppe Valditara si prepara a partire. Da gennaio alle superiori debuttano i tutor e gli orientatori, due figure chiave della personalizzazione della didattica, che ben il 95% delle scuole superiori ha deciso di adottare: "Avremo una didattica in grado di valorizzare i talenti di ciascuno al di là delle condizioni di partenza, e un migliore orientamento degli studenti nelle loro scelte di studio e di lavoro", spiega il ministro dell’Istruzione e del Merito. Intanto sono in dirittura d’arrivo le candidature delle scuole per la sperimentazione della riforma dell'istruzione tecnica e professionale, scadenza il prossimo 12 gennaio: "Si parte dal prossimo settembre secondo un percorso di 4 anni di scuola superiore a cui agganciare i due anni degli Its: puntiamo ad allineare la nostra filiera della formazione agli standard europei, garantendo ai nostri ragazzi un percorso di formazione di serie A, più connesso con le imprese e con maggiori chance di lavoro".
L’anno parte, dunque, con le nomine completate di fatto di tutor e orientatori.
"Il 95% delle scuole secondarie di secondo grado risulta aver completato le nomine dei docenti tutor e orientatori, che da settembre scorso sono stati appositamente formati da Indire: risulta incaricato il 98% dei tutor previsti e il 95% degli orientatori. Un grande risultato, per il quale ringrazio i dirigenti e i docenti, che hanno creduto nella necessità di mettere veramente al centro lo studente".
Qual è il ruolo dei tutor?
"All'ultimo triennio delle scuole superiori i tutor coordineranno i colleghi nell’individuazione dei percorsi di personalizzazione della didattica alla luce delle esigenze, delle potenzialità e delle difficoltà dei singoli. L’obiettivo è valorizzare i talenti di ciascuno. I tutor riceveranno un compenso aggiuntivo per le attività svolte, così come i docenti che faranno potenziamento sulle singole discipline".
Come cambia l’orientamento con il docente orientatore?
"L’orientatore sarà al servizio delle famiglie e degli studenti per suggerire, individuare insieme a loro, le scelte sul futuro scolastico e lavorativo più coerenti con i talenti che sono stati definiti in sinergia con l’azione del tutor e il lavoro di classe di tutti i docenti. L’orientatore dovrà chiarire anche le potenzialità offerte dal territorio, l’offerta di lavoro del mondo dell’impresa, le opportunità che offre il mondo universitario. L’obiettivo è che ci sia una scelta consapevole".
La seconda riforma che parte da subito è quella degli istituti tecnici e professionali: quale è la visione?
"In Parlamento si sta approvando la legge che introduce la sperimentazione della nuova filiera tecnico-professionale che partirà dal 2024-2025. Un rafforzamento di un percorso di istruzione strategico volto a offrire ai nostri ragazzi opportunità lavorative maggiori, tempi di inserimento nel mondo del lavoro più veloci e a dare competitività al nostro sistema produttivo. I dati sono impressionanti: Confindustria ha stimato che il 48% dei posti di lavoro che servono al mondo dell’impresa non viene coperto per mancanza di qualifiche e che questo genererebbe un danno di alcune decine di miliardi di euro di Pil. La riforma è attesa da decenni. Si struttura sulla filiera del ‘4+2’, 4 anni di scuola superiore a cui far seguire due di ITS".
Fare un percorso di quattro anni non significa comprimere il programma quinquennale?
"No, significa programmi nuovi, senza nessuna contrazione dell’organico dei docenti, per un canale di istruzione tecnico-professionale di serie A, come avviene in Germania, o in Svizzera, realtà dove essere tecnici è una scelta di prim’ordine dal punto di vista della formazione ma anche del successo lavorativo. Chi si diploma dopo i 4 anni potrà proseguire con il biennio ITS, gli Istituti tecnologici superiori, ma già dopo 4 anni lo studente può entrare nel mondo del lavoro così come accedere all’Università".
Come saranno strutturati?
"Siccome riteniamo che la formazione su alcune materie culturali sia fondamentale, nel corso del quadriennio sarà potenziato lo studio dell’italiano, della matematica e dell’inglese. Ci sarà più alternanza scuola lavoro e apprendistato formativo, puntiamo anche all’internazionalizzazione con collegamenti, scambi con realtà educative di altri Paesi. Sosterremo la ricerca e l’innovazione realizzate dagli istituti tecnico-professionali grazie a un ufficio interno al Ministero dedicato a questo scopo. Laddove manchino per alcune discipline le competenze necessarie tra i docenti, le scuole avranno la possibilità di fare dei contratti con manager, tecnici, del mondo dell’impresa, professionisti. Un’autentica rivoluzione".
Intanto le scuole si stanno già candidando?
"Sì, partiamo da subito con le candidature delle scuole interessate. Gli istituti interessati ad aderire alla sperimentazione ci sottopongono un progetto entro il 12 gennaio, che se valutato positivamente sarà autorizzato a partire con le iscrizioni per il prossimo anno scolastico".
A sinistra c’è chi parla di perdita del controllo pubblico della scuola che finirebbe in parte in mano ai privati.
"È un’accusa demagogica. È la scuola che decide in autonomia se ricorrere a un docente prestato da un’azienda per rispondere a un’esigenza formativa per la quale non vi sono competenze tra gli insegnanti, è la scuola che decide con quali aziende fare accordi. L’istruzione tecnica-professionale è volta a formare giovani che abbiano successo nel mondo lavorativo e quindi deve esserci un collegamento molto stretto con il mondo delle imprese. Altrimenti si creano futuri disoccupati. Noi siamo per il realismo e la concretezza".
Il liceo del Made in Italy, per quali figure è pensato?
"Manager, dirigenti di impresa che possano avere contezza dei distretti industriali, della cultura produttiva, della storia, dei valori di riferimento e dell’importanza economica di una certa produzione. L’obiettivo è completare e arricchire una visione che deve essere sempre più consapevole dei valori che esprime la nostra realtà produttiva, la ricchezza della nostra filiera nazionale".
Per la riforma del voto in condotta a che punto siamo?
"La riforma della valutazione della condotta verrà calendarizzata e discussa in Senato già a gennaio. Si tratta di una riforma importante in cui crediamo molto: significa ridare valore al voto di condotta ma anche cambiare radicalmente l’istituto delle sospensioni: invece di stare a casa lo studente farà più scuola, anche se non in classe, con attività di ricerca e per i casi più gravi ci sarà l’obbligo di effettuare attività di cittadinanza solidale, e quindi volontariato negli ospedali, nelle case di riposo, nelle mense per anziani. Appartenere a una comunità significa avere diritti e doveri, comporta responsabilità e rispetto, verso i compagni di classe, i docenti ma anche i beni della stessa scuola. Valori fondanti di una società veramente democratica".
L’Agenda Sud va avanti?
"L’Agenda Sud sta andando avanti. Abbiamo stanziato risorse importanti, non solo a Caivano ma in duemila scuole primarie del Mezzogiorno e 245 scuole sono state oggetto di risorse significative per far arrivare più docenti, per incrementare il tempo pieno, per formare i docenti ad affrontare realtà più problematiche, per effettuare azioni di supporto psicologico e sociale alle famiglie perchè mandino i figli a scuola, per offrire più sport e teatro per coinvolgere i ragazzi. Un disegno, per la prima volta, organico e molto ampio. Abbiamo ottenuto un miliardo in più sui fondi PON e stiamo ragionando di estendere queste misure anche alle scuole delle periferie del Nord dove si stanno iniziando a manifestare fenomeni preoccupanti di dispersione scolastica".
A quando il rinnovo del contratto insegnanti?
"Puntiamo a rinnovarlo entro il 2024. Sarebbe il secondo rinnovo nel giro di un anno e mezzo. Rinnovare il contratto della scuola è stata una delle nostre priorità e in legge di bilancio sono state stanziate risorse significative: alla scuola andranno circa 3 miliardi. Gli aumenti medi tra lo scorso contratto chiuso e il nuovo arriveranno a quasi 300 euro al mese".
Intanto monta la protesta per i ritardi nei pagamenti delle supplenze brevi.
"Il Mef ci ha garantito che l'11 gennaio ci sarà una emissione speciale per completare i pagamenti dei docenti titolari di supplenze brevi non effettuati nel mese di dicembre. Quello dei ritardi nei pagamenti è un problema che si trascina da 10 anni, e che ha visto in passato anche tempi di liquidazione più lunghi, si arrivava addirittura a marzo. Si tratta di partite stipendiali occasionali sulla cui entità non vi è contezza a inizio dell’anno scolastico e per il cui pagamento sono coinvolti diversi soggetti istituzionali. Insomma, un sistema complesso che con il Mef siamo impegnati a semplificare per garantire tempi celeri. Aggiungo che a differenza degli anni passati abbiamo stanziato per il pagamento delle supplenze brevi un miliardo e 53 milioni contro i 741 milioni del governo Draghi, più 42%, il che sta a significare l'attenzione al tema".
Ultimo, ma non ultimo, il Pnrr: a che punto siete con i decreti attuativi?
"Il PNRR prevedeva entro dicembre 2023 6 riforme per l’istruzione con relativi decreti attuativi, ben 33: sono stati tutti adottati e non era scontato. E’ stato fatto un grande lavoro dalle strutture del ministero e dal gabinetto, lavoro che ci ha consentito di recuperare i ritardi maturati in passato".