Roma, 18 settembre 2020 - Ministro Speranza, sono stati mesi durissimi, dolorosi, di decisioni difficili. Forse è già possibile un primo bilancio. Duecentonovantamila contagiati e 35 mila morti dopo, qual è la cosa della quale va più fiero e quale scelta non rifarebbe?
"I bilanci si faranno alla fine e purtroppo siamo ancora dentro la sfida al virus. Io credo che l’Italia abbia fatto la sua parte. Oggi i nostri numeri sono oggettivamente migliori dei principali paesi europei. La scelta di fondo di mettere la salute prima di tutto è stata corretta. Giudico fondamentale la sintonia che si è creata tra le difficili scelte del governo per contrastare il Coronavirus e la risposta dei cittadini. Senza questa sintonia non saremmo riusciti a piegare la curva dal verso giusto. Ovviamente non abbiamo la presunzione di pensare che tutte le decisioni prese siano state perfette, ma la grande lezione da imparare da questa crisi è la seguente: mai più tagli alla sanità, a cui purtroppo abbiamo assistito per troppo tempo".
Sul piano umano cosa le sta insegnando questa esperienza?
"Poco più di 12 mesi fa ho giurato sulla Costituzione di difendere la salute di ogni individuo. Quell’articolo 32 è stato la mia guida nei momenti più difficili. Ma sono anche orgoglioso di quello che ha fatto il Paese e dell’unione e della solidarietà che abbiamo dimostrato come comunità".
Sul piano politico come sono stati questi 12 mesi? E cosa si attende dalle regionali?
"Credo molto nel dialogo aperto tra centrosinistra e M5s. Ci siamo trovati sulle scelte per noi fondamentali che sono quelle della difesa della salute, della scuola e dell’ambiente: beni pubblici essenziali che proprio la pandemia ci ha ricordato quanto siano fondamentali. Tra qualche ora si apriranno le urne per le elezioni Regionali e io spero che gli elettori siano più bravi di noi, che raramente siamo riusciti a unire le forze che governano assieme a Roma. Spero che gli elettori arrivino dove non sono arrivati i gruppi dirigenti, con scelte intelligenti capaci di premiare che è effettivamente competitivo".
In questa vicenda si è avuta la sensazione che la gestione della sanità affidata alle Regioni non sia stata omogenea e ottimale. Ritiene che sarebbe opportuno tornare a un modello più centralizzato? E comunque, quali correttivi sarebbero necessari per migliore l’efficienza e l’omogeneità delle prestazioni del comparto sanità?
"La parola chiave per migliorare la sanità italiana è prossimità. Rendere il Servizio sanitario più vicino alla vita reale e quotidiana delle persone è fondamentale per un paese che fa meno figli e che ha una aspettativa di vita tra le più alte del mondo. Il primo luogo di cura deve diventare la casa, con un nuovo grande investimento sull’assistenza domiciliare. Stato e Regioni devono lavorare insieme per questo obiettivo".
Lei ha più volte sostenuto che vanno utilizzati i fondi del Mes: ritiene che sia possibile convincere gli alleati del M5s a usare queste risorse per la sanità? E nel caso, quali sono le sue priorità?
"I soldi servono e ne servono molti perché abbiamo un’occasione storica: fare una riforma che non sia fatta di tagli, ma che miri a riportare la sanità dove non c’è. La chiusura di ospedali e presidi nelle aree interne ha contribuito al distacco tra centro e periferia, tra città e contado. Io sono favorevole ad ogni euro che arrivi alla sanità. Va bene il Mes, come il Recovery o lo stesso bilancio dello Stato. Purché i soldi arrivino".
La strategia europea di puntare su un bouquet di sei-sette diversi progetti di vaccini ci garantirà di averlo una volta che sarà messo in commercio? Conferma che le prime dosi arriveranno entro la fine dell’anno? In molti, compreso il professor Franco Locatelli, dicono che che sui tempi ci vuole prudenza.
"Come Unione Europea stiamo chiudendo un pacchetto 6+1, quello di AstraZeneca, che coinvolge nella produzione anche l’Italia, è uno dei sei ed è in fase più avanzata. Il contratto prevede, se la sperimentazione andrà bene, che le prime dosi possano arrivare a fine anno. La sicurezza del vaccino per noi è un elemento essenziale. Ma presto arriveranno anche cure innovative. A Siena ad esempio il professor Rappuoli e la sua squadra stanno facendo un lavoro prezioso sugli anticorpi monoclonali".
Sul vaccino antinfluenzale, utile anche in funzione di gestione dell’emergenza Covid, c’è il problema della disponibilità: è stato fatto un ordine record di 16,7 milioni di dosi, ma in farmacia ne arriverà solo l’1,5%. Non è troppo poco?
"È un incremento rilevante di circa il 70%. Quest’anno la campagna vaccinale è particolarmente importante proprio alla luce del Covid. Con le farmacie stiamo lavorando in queste ore nella direzione giusta per aumentare il numero dei vaccini disponibili nei loro esercizi".
Ritiene opportuno e saggio ridurre a dieci giorni la quarantena per gli asintomatici?
"Il Cts ha cominciato a discuterne e ci confronteremo anche con gli altri Paesi europei per provare a determinare una gestione omogenea sul territorio europeo. Sarà l’evidenza scientifica a guidarci nella scelta. A oggi Oms ed Ecdc confermano la quarantena di 14 giorni".