"Se continuiamo così, nella seconda metà di maggio avremo vaccinato tutte le persone con 70 anni o più. E allora potremmo riaprire (qui la bozza delle Regioni) con molto meno rischio". Per Giovanni Sebastiani, matematico dell’istituto per le applicazioni del calcolo Mauro Picone del Consiglio nazionale delle ricerche, nonostante i contagi restino ancora alti, con un’incidenza media di 25 casi al giorno per 100mila abitanti, un passo verso la normalità – con tutte le cautele del caso – è possibile farlo. "Anche se rispetto alla tabella di marcia del governo, che prevede qualche allentamento già dai primi di maggio, sarebbe molto più prudente aspettare almeno una quindicina di giorni in più".
Vaccini agli over 60: il piano del governo
Professore, i vaccini allora funzionano?
"Sì, anche se magari si fa fatica a vedere. Le vaccinazioni, secondo i miei calcoli, hanno ridotto la mortalità del 40% rispetto al periodo ottobre-gennaio. Il picco delle terapie intensive è confrontabile come livello, ma quello dei decessi è decisamente più basso".
Non è che le varianti siano meno aggressive?
"No, secondo le mie stime sono il 40% più letali. La differenza è che non muoiono più le persone fragili, visto che sopra i 70 anni si concentra l’86% dei decessi per Covid. La maggioranza di queste non arrivava in terapia intensiva. Al momento quella della vaccinazione è l’unica spiegazione plausibile".
E nei prossimi mesi cosa succederà?
"I valori dell’incidenza restano alti, ma già a partire dalle prossime settimane mi aspetto un calo significativo di mortalità analogo a quello dei ricoveri nelle terapie intensive, visto che dalla metà di marzo l’incidenza dei positivi si sta abbassando, anche se più lentamente di quanto cresceva, al confronto con i picchi di metà novembre e inizio gennaio".
La campagna vaccinale come sta andando?
"Mi aspetto con i dati da inizio marzo a oggi che entro fine aprile non supereremo 350mila dosi al giorno. Dal primo di marzo le iniezioni in media al giorno aumentano al ritmo di 20mila ogni settimana".
Quindi tra 12 settimane potremmo arrivare al fatidico mezzo milione?
"È una previsione difficile da fare, perché ci sono diverse incognite. La prima è quella degli approvvigionamenti. La seconda è quella dell’atteggiamento delle persone. Le tegole piovute su AstraZeneca hanno rallentato le somministrazioni. Sono state consegnate 4 milioni di dosi del siero di Oxford e ne sono state fatte 2,9 milioni. A parte duemila, sono tutte prime dosi. Ce ne sono quindi 1,1 milioni disponibili e siccome tra le due iniezioni devono passare novanta giorni si potrebbe accelerare, ma questo non viene fatto".
E per le riaperture?
"La situazione ideale è quella del Regno Unito, che coi vaccini e lockdown ha abbattuto mortalità e incidenza di positivi prima di riaprire. A Londra ci sono 4 casi al giorno ogni 100mila abitanti. I numeri, con il ritorno alla normalità, cresceranno, ma sarà possibile fare un’attività di tracciamento dei contatti dei positivi efficace. Da noi i casi invece di 4 sono 25, per cui è impossibile il tracciamento".
Ci sono altre strade?
"Negli Usa hanno riaperto da qualche settimana. L’incidenza è di 21 casi al giorno ogni 100mila abitanti. Ed è in crescita. Ma lì somministrano una dose all’1% della popolazione ogni 24 ore, da noi solo lo 0,4%. Potremmo seguire questo modello, consci dei suoi rischi. Fosse per me però, per salvare più vite umane possibile, riaprirei a partire da metà giugno, oppure nella seconda metà di maggio, magari in questo caso per le prime settimane chiederei ai più anziani di restare a casa".
E nel resto d’Europa?
"Da dieci giorni si è arrestata la crescita esponenziale in Germania, Croazia, e Francia, che ora scendono. La crescita è invece di tipo lineare in Lituania, Spagna, Svezia e Svizzera. Svezia e Turchia sono i Paesi dove ci sono più casi per 100mila abitanti al giorno, ovvero 61. La crescita in Turchia è esponenziale e il livello in Francia è 57, quindi massima attenzione alla frontiera: vaccinerei subito tutti i transfontalieri".
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