Nel contesto internazionale, in particolare in quello europeo, l’Italia è in termini di investimento su università e ricerca tra i livelli più bassi. Ora la situazione diventa drammatica, l’università è realmente sotto attacco in questo momento a causa di diversi provvedimenti con i quali il governo sta realizzando il suo progetto complessivo. È a rischio la tenuta del sistema. È il grido dall’allarme lanciato da Orlando Paris, ricercatore e docente all’Università per Stranieri di Siena, uno degli atenei sul piede di guerra dopo il cambiamento nella destinazione delle risorse. Il primo è il taglio al Fondo di Finanziamento Ordinario. "È un taglio enorme che sta mettendo sull’orlo del default tecnico interi atenei in quanto il Fondo serve per le spese ordinarie delle università. A Siena l’università ha bloccato la presa di servizio dei vincitori di concorso per un anno intero. L’università di Pisa ha detto di avere difficoltà ad andare oltre il 2026 e ha sospeso gli abbonamenti alle riviste scientifiche".
Tra i provvedimenti anche il blocco del turnover al 75%. Che impatto avrà?
"I pensionamenti non verranno sostituiti più con il rapporto 1 a 1 ma ogni pensionamento corrisponderà a uno 0,75% di assunzione. La conseguenza naturale sarà la riduzione del già esiguo organico dell’università".
L’adeguamento degli stipendi è una buona notizia?
"Solo se a pagarlo non saranno le università. Gli stipendi nell’università si pagano con il FFO. Per far fronte all’adeguamento stipendiale avrebbero dovuto ampliarlo, invece è stato tagliato. Quindi il taglio risulta doppio. Si rischia che l’80% delle spese dell’università vadano per gli stipendi".
Tradotto significa attingere ai fondi per i piani di reclutamento?
"Il rischio è che le risorse destinate al ‘piano straordinario di assunzione C’ vengano spostate sull’adeguamento stipendiale. Significa lasciare nella precarietà o, peggio, per strada, centinaia e centinaia di ricercatori nel momento in cui stanno volgendo al termine le borse e i contratti a tempo determinato finanziati dal Pnrr. Verranno interrotte le ricerche, molti ricercatori se ne andranno all’estero perché nei prossimi anni, in questa situazione, ci sono poche speranze in Italia".
Un altro tema è la precarizzazione delle posizioni.
"Il ddl sul preruolo precarizza in maniera drammatica tutte le figure prima dell’inserimento in ruolo. Ricostruisce una selva di contratti precari. Il taglio delle risorse lo pagheranno i ricercatori".
Quali gli sbocchi per queste nuove figure?
"Dal mio punto di vista queste sono posizioni senza nessuna prospettiva che non garantiranno l’accesso alla ricerca e all’università: finito il contratto i ricercatori non avranno nessuna possibilità di continuare, ma ci saranno forze fresche da sfruttare. Garantiranno forza di lavoro precaria e a basso costo agli strutturati".
La Crui, tuttavia, ha dato parere positivo alla riforma del preruolo.
"È un documento retrivo. La Conferenza dei rettori si posiziona in maniera netta nei confronti della precarietà, invitando a rendere flessibili e precarie alcune posizioni che ora sono più stabili, a favore di un’università di impostazione baronale".