Roma, 14 gennaio 2025 – Salvatore Montefusco ha ucciso. Con freddezza, con metodo, con un fucile. Prima la moglie, Gabriela Trandafir, poi la figlia di lei, Renata. Due vite spezzate con colpi precisi, in una sequenza che non lascia spazio all’immaginazione. Nessuna ombra di confusione o perdita di controllo. Montefusco non si è nascosto, non è crollato in lacrime. Ha chiamato il suo avvocato, poi si è recato al bar. Alla domanda di un conoscente ha risposto con disarmante indifferenza: "Niente, ho ammazzato mia moglie e mia figlia".
Eppure, per i giudici, non merita l’ergastolo. Ha agito in un momento di "blackout emozionale", ci dicono. Trent’anni bastano. Ma il blackout emozionale formalmente non esiste. Non nel DSM-5, non nei trattati di psicologia, non nelle aule di formazione dove si studiano i processi mentali. È un’invenzione. Una scorciatoia narrativa utile a costruire attenuanti laddove non dovrebbero esserci. Un modo elegante per dire che un uomo può perdere il controllo e uscire comunque da un’aula di tribunale con una pena più lieve.
Le emozioni possono essere potenti, ma non spengono il libero arbitrio. Lo dice la scienza. Chi impugna un fucile, lo carica, punta, preme il grilletto, ricarica, e ripete il gesto, non è sopraffatto dalle emozioni. Sta scegliendo di uccidere. Non una, ma due volte.
Ogni volta che la giustizia abbassa il livello di responsabilità, manda un segnale chiaro: esistono circostanze in cui uccidere può essere compreso, quasi perdonato. Questo non è tutelare le donne, ma è tradirle. Gabriela e Renata non sono solo vittime di un uomo. Sono vittime di un sistema che, ancora una volta, ha scelto di minimizzare. Un sistema che il 25 novembre indossa un fiocco rosso, si commuove sui social e promette di non dimenticare. Ma dimentica. Sempre. La violenza contro le donne non è un compromesso, non è negoziabile, non è una questione di attenuanti. La giustizia dovrebbe essere un baluardo, un argine contro chi distrugge vite e famiglie. Non un laboratorio di alibi per alleggerire pene. Montefusco non ha avuto esitazioni. La giustizia, invece, sì.
Fino a quando non si affronteranno le cause, continueremo a vedere gli stessi sintomi: vittime ignorate e carnefici giustificati.