Un dolore senza sconti e senza anestesia, nei giorni della risalita faticosa da un altro dolore. Si sentiranno dire "siate forti, siamo con voi". Ma non ci sono appigli. Nelle leggende medievali la pesta avanza silenziosa dentro ai bastioni, maledizione di un dio che non ha bisogno di pretesti per passare dal sorriso alla smorfia. Nella famiglia Cecchettin il male, entrato come un vagabondo, si è portato via un anno fa la mamma, oggi la sua bambina. Troppo anche solo a immaginarlo. Lo sconforto contagia chi va in pellegrinaggio davanti alla casa di Vigonovo a portare fiori e biglietti. Non ci sono balsami per certe ferite. Erano in cinque, felici. La vita somigliava a un quadro di Bonnard con le vesti bianche nel sole. Poi è arrivato il cancro e a 51 anni (un anno fa) ha preso Monica. Poi Giulia a 22 è diventata la 105esima donna uccisa in Italia dall’inizio dell’anno. Restano in tre, risucchiati dalla disperazione e dalla rabbia. Un fratello, una sorella e un padre annichiliti. Schiacciati dalla stessa sofferenza che trascina in basso l’altra famiglia, quella del presunto assassino, perché ci sono tanti modi di perdere un figlio. Giulia è nel posto sbagliato. Dovrebbe stare a festeggiare una laurea che non ha fatto in tempo a prendere. Aspettare un concerto.
Il fratello Davide la vede ancora così, dentro al quadro bello, abbracciata a un orsacchiotto gigante. Pubblica la foto e scrive "I love you, susumina. Verrai con me da Calcutta, vero?". Quello che canta "non ne posso più" e "poi è cascato il mondo, stammi accanto che dentro ho l’inferno". La sorella Elena sui social ci mette la faccia, sono vicine in posa, così simili alla mamma. "Rest in power" è il suo omaggio, il saluto americano per chi in vita ha sofferto e lottato e ha perso la vita in modo violento. E però in giro c’è chi parla del bravo ragazzo, c’è l’avvocato di Filippo Turetta che dice: "La morte di Giulia è un dramma che coinvolge entrambe le famiglie. Da lui tutto ci si sarebbe potuti aspettare tranne un gesto di violenza". Allora sale la rabbia, Elena non ci sta. Prevedibile. Sempre la solita storia: "Bravo ragazzo, troppo bravo. Non farebbe male neanche a una mosca. Certo a una mosca no. Ma a una donna, beh, quella è tutta un’altra questione".
Gino, il papà, di Giulia si fidava perché chiedeva sempre "posso" e mai si sarebbe allontanata senza dirlo. Un uomo disfatto dall’attesa, preso in pieno da un fulmine. La stanchezza del sonno che non porta riposo era già premonizione. La laurea di sua figlia doveva essere un momento di gioia, il risarcimento dopo gli sforzi per non crollare dopo la perdita della moglie. "Non è concepibile", dice. Perché dentro la testa c’è posto solo per quella voce che gli scaldava il cuore, "ciao papino", l’unico antidoto alla disperazione quando si torna a casa e ogni sera il baratro è lì sul punto di riaprirsi. Parlava così di Monica, la madre dei suoi figli: "Da quando sette anni fa ha scoperto la malattia, ha lottato con tutte le sue forze per uscirne e per restare con la sua famiglia. Non si è mai scoraggiata. Aveva dentro sé una grandissima fede e tanta forza". Poteva bastare, invece no. Come quando da un incubo si scivola in un altro incubo. Gino Cecchettin aveva spalancato le braccia a Filippo: "Ritorna, fermati, riportarcela. Non ti giudichiamo". Forse era già troppo tardi.