Sabato 6 Luglio 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Formidabile quel Drive In. Ezio Greggio: "Così ho conquistato Berlusconi"

Il comico: incontrai Ricci dopo l’esordio in Rai, dove per fare una battuta dovevi chiedere il permesso a 10 ministri. "Il Cavaliere voleva una specie di Domenica In e ci guardò perplesso dopo la puntata zero, ma poi ci disse di andare avanti"

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"La risata? L’ho scoperta da ragazzo. Ho scoperto che ridere migliora le giornate. E che, col sorriso, puoi anche dire delle grandi verità". Due secondi per raccontare una scelta di vita. Ezio Greggio e la risata. Un’amica che si è tenuta stretta, che gli ha portato tutto il resto. Trenta e passa anni di Striscia la notizia, la trasmissione satirica più longeva della tv mondiale. E tutto il resto. Gli incontri con Mel Brooks, con Jerry Lewis: i film da attore, quelli da regista. Un festival che dirige, a Monte Carlo, e nel quale da anni coltiva il suo amore per la commedia. Tutto era nato a TeleBiella. Città non particolarmente dedita all’ironia. "A Biella, la cosa più comica che vedessi in giro erano certi maglioni", dice. E con un enorme maglione di lana di Biella, e lui magrissimo dentro, Greggio affrontava a vent’anni le prime trasmissioni.

Era la metà degli anni ’70, e voi inventavate la tv privata in Italia.

"II merito fu tutto di Giuseppe Sacchi, il creatore di TeleBiella, la prima televisione via cavo: proprio un cavo che usciva alla meno peggio da una finestra. La polizia postale, su ordine del ministro, lo tagliò, e noi di nascosto lo ricucivamo. Tempi eroici".

A poco più di vent’anni esordì in Rai, con La sberla: ma subito la lasciò e salì a bordo della Fininvest. Perché?

"Avevo conosciuto Antonio Ricci, e con lui vidi un ambiente giovane, non ammuffito, ministeriale. All’epoca in Rai per dire una battuta dovevi chiedere il permesso a dieci ministri".

Come fu il suo incontro con Berlusconi?

"Ricordo la riunione in cui Ricci e io gli mostrammo la puntata zero di Drive in. Lui voleva una specie di Domenica In, un varietà classico. Ci guardò sconcertato, capimmo che era tutto finito, non era quel che voleva. Ma lui disse: ‘Non è quello che avevo chiesto’. E noi già verso la porta. Poi ci disse: ’Ma intuisco che possa piacere al pubblico. Va bene, fate le prime puntate’. Accettò l’imprevisto, la novità. Era questa la sua grandezza".

Ricorda qualche episodio?

"A una cena dei Telegatti, Berlusconi aveva appena comprato il Milan. Mi disse: ‘Ezio, tu tifi per il Milan, vero?’. ‘No, scusi, io sono juventino’. Mi rispose: ‘Anche Emilio Fede era juventino, e ora tifa Milan! Sei o non sei dei nostri?’. E io: ‘Guardi, è impossibile. Sono cresciuto col mito di Charles e di Sivori, di Boniperti...!’. Lui si rabbuiò, bevve il caffè in silenzio, e poi si voltò: ‘E allora mi compro la Juve!’, e scoppiò a ridere. E non scherzava del tutto".

Usò il calcio anche per farla capitolare, in una disputa contrattuale.

"Stavamo discutendo, non venivamo a capo di un contratto. Mi disse: ‘Ma… ma se io ti facessi giocare un’amichevole con il Milan al Bernabeu col Real Madrid, per dieci minuti, tu accetteresti di firmare il contratto che ti ho sottoposto?’ Io, al pensiero di giocare dieci minuti con Gullit e Van Basten: ‘Affare fatto! Anzi, abbassi pure la cifra...’".

Striscia la notizia ha più di trent’anni. Come siete riusciti a mantenere un’indipendenza, a casa di Berlusconi?

"La libertà ce la siamo conquistata con gli ascolti: hanno dovuto buttar giù dei rospi, perché gli ascolti erano dalla nostra parte. Ogni tanto arrivava la chiamata, perché prendevamo di mira un’azienda che pagava la pubblicità: ma noi abbiamo tirato dritto. E poi, se non ci avessero lasciato mano libera, Ricci se ne sarebbe andato".

Lei con Iacchetti è l’icona della trasmissione. A darvi il cambio, durante tre decenni, tanti conduttori. Ma qual è l’altra coppia ’giusta’ per Striscia?

"Fra i cento cambi fatti da Antonio, direi Salvo e Valentino. Ficarra e Picone, sono bravissimi, il Greggio & Iacchetti siciliani: io vedo poca tv, ma a volte aspetto la replica notturna per godermeli".

Faletti chi è stato, per lei?

"Un amico, un pazzo che univa mille talenti diversi: cabarettista, comico, attore bravissimo, musicista, appassionato di chitarre e di automobili, uno che aveva molte vite in una. Che purtroppo si è bruciata troppo presto".

Vede poca tv. Ma il dibattito Trump-Biden lo ha visto?

"Sì. Peccato che adesso non siamo in onda: avrei voluto rifarlo con Iacchetti. A metà sketch gli avrei consegnato la parrucca arancione di Trump: tanto, cambiando l’ordine dei fattori, il risultato non cambia. Ma dov’è finita l’America che amo? Si gioca solo sull’insulto. Trump, se si gioca a insulti, vince, perché Biden non se li ricorda".

Ha visto anche la copertina di Vanity Fair con Vanessa Incontrada che si mostra, con fierezza e semplicità, contro ogni body shaming.

"L’ho vista, e adoro Vanessa, da sempre. Sarebbe stata bellissima anche se avesse messo una sua radiografia. Vanessa ha fatto benissimo a condividere quell’immagine, testimonianza della sua serena bellezza. La chiamerò nei prossimi giorni, vorrei con tutte le forze averla ospite al mio festival della commedia, a Monte Carlo, il prossimo fine settimana".

Il suo Festival de la Comédie sta per aprire il sipario.

"È un’avventura che iniziammo con Mario Monicelli, il maestro della commedia all’italiana. È un atto d’amore verso la commedia, che si è sempre trovata in secondo piano".

Ci sono stati attacchi preventivi al film di cui lei è protagonista, Lockdown all’italiana, in uscita il 15 ottobre.

"Esatto: attacchi portati senza aver visto un solo fotogramma del film, che non ironizza sulla tragedia del Covid – come potrebbe? – ma sul modo in cui alcune famiglie italiane hanno vissuto il confinamento in casa. E tutti noi non abbiamo cantato sui balconi, fatto il pane, ballato in casa, fatto cose talvolta ridicole? Il film prende in giro la nostra vita quotidiana".

Con Enrico e con Carlo Vanzina, ha girato film fin dal 1986. Che ricordo ha di Carlo?

"Un signore: timido, riservato, serissimo. All’ultimo incontro stava già molto male: ma anche quella volta parlò di futuro, di un film che avremmo dovuto fare insieme. Anche sul set di questo film, Carlo era con noi".

L’attore con cui vorrebbe di più lavorare?

"Carlo Verdone: lo adoro".

I grandi a cui si ispira?

"Quelli che hanno in mente tutti: Totò, Sordi, Gassman, Manfredi, De Sica. Sperando di arrivare anche solo a un millesimo del loro talento. E poi Raimondo Vianello".

I comici che apprezza?

"Luciana Littizzetto moltissimo, e Maurizio Crozza. Lo stesso Diego Bianchi, anche se ho poche occasioni di vederlo, ha un grande talento e un’ironia estremamente personale".