Lunedì 23 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Uccise il padre violento, Alex Cotoia condannato a più di 6 anni di carcere. “Non fu legittima difesa”

I giudici della Corte di assise di appello di Torino hanno ribaltato la sentenza di assoluzione del processo di primo grado. La madre: "Mio figlio non è un assassino, io rischiavo di essere uccisa"

Alex Cotoia è stato condannato a 6 anni, due mesi e 20 giorni di carcere (Ansa)

Torino, 13 dicembre 2023 - Alex Cotoia è stato condannato a 6 anni, due mesi e 20 giorni di carcere dalla Corte di assise di appello di Torino. Una sentenza clamorosa che ribalta la legittima difesa stabilita nel processo di primo grado con l'assoluzione, e la tramuta in condanna. Alex nel 2020 uccise a coltellate il padre, Giuseppe Pompa (di cui ha poi rifiutato il cognome) per difendere la madre, Maria Cotoia, che oggi incredula ha dichiarato: "Mio figlio non è un assassino, io rischiavo di essere uccisa".

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Quel giorno maledetto Alex si trovò davanti all'ennesima sfuriata violenta del padre Giuseppe, descritto da molti come irascibile, prevaricatore, ossessivo. Esattamente il contrario del figlio, per tutti un ragazzo dal carattere mite e riflessivo. La sera del 30 aprile mamma Maria era appena tornata dal supermarket dove lavorava come cassiera, neanche il tempo di raggiungere il pianerottolo che Giuseppe era già lì, furioso dopo 101 telefonate, solo perché sospettava lei avesse salutato un collega con un sorriso. Ma questa volta s'intromise Alex, forse stanco o spaventato da quei soprusi, trafisse il padre con 34 fendenti, usando 6 coltelli, uno dopo l'altro.

Per i giudici della Corte di assise di appello di Torino quella furia omicida non fu legittima difesa. Certo che nel decidere la pena hanno tenuto conto con precisione delle attenuanti, arrivando a 6 anni, due mesi e 20 giorni di carcere, diversamente, ha ricordato il pm, sarebbero stati 14 anni.

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Ma proprio la richiesta, per la difesa di Alex, confermerebbe l'assoluzione. "Incomprensibile" per l'avvocato difensore Claudio Strata il fatto che nella sentenza pronunciata questa mattina i giudici abbiano anche disposto la trasmissione degli atti in procura perché si valutino le testimonianze di mamma e fratello di Alex. Il legale osserva: "Entrambi furono interrogati la notte stessa del fatto. In primo grado erano stati considerati affidabili. Ora invece sono dei mentitori. È una cosa difficile da accettare. Vedremo le motivazioni".

Un incubo per il 22enne che da quel giorno aveva ricominciato a vivere, intanto rinnegando il cognome del padre e assumendo quello della madre. Poi studiando, conseguendo la maturità, con i complimenti dell'allora ministro Azzolina, fino alla laurea in scienza della comunicazione, discussa lo scorso 8 novembre. Inoltre Alex si è mantenuto agli studi tutto questo tempo facendo il portiere di notte in un albergo. E adesso, oltre al carcere, secondo norma di legge è stato dichiarato "indegno di succedere al padre", e dovrà risarcire suo zio, il fratello di Giuseppe, che si è costituito parte civile con la provvisionale di 30 mila euro.

"Alex ci ha salvato la vita"

"Se non fosse stato per Alex io e la mamma non saremmo qui. Lui ha agito per difenderci, per salvarci la vita", ha dichiarato il fratello, Loris Pompa, incredulo davanti alla decisione dei giudici nella maxi-aula 6 del Palazzo di giustizia di Torino. E ha aggiunto: "È una sentenza che non accetto, andremo avanti". Più in là la madre non ha mai smesso di ripetere: "Mio figlio non è un assassino, non è un assassino". Alex invece è rimasto di pietra, silenzioso e composto, con lo sguardo mite.

Per Loris è stato anche uno passo indietro nella battaglia contro i femminicidi: "Se vogliamo che qualcosa cambi davvero, se vogliamo evitare che le donne continuino a morire e che si ripetano casi come quello di Giulia (la ventiduenne veneta vittima di femminicidio, ndr) Alex deve essere assolto". Mamma Maria ha chiesto ai presenti, giornalisti e avvocati: "A questo punto mi chiedo se a qualcuno sarebbe importato davvero se fossi stata uccisa". In più i giudici sembrano non aver creduto alle testimonianze di lei e del fratello di Alex, trasmettendo gli atti in procura per valutare la fondatezza delle affermazioni.

"Per anni siamo stati soggiogati da lui", ha dunque affermato la donna, e ci sono anche le prove, visto che i figli registravano le sfuriate dell'uomo e gli audio sono negli atti del processo. Loris ne ricorda uno in particolare, l'ultimo: "Ce n'è uno in cui dice chiaramente 'se voi mi denunciate i carabinieri non arrivano in tempo'. Quella sera ci avrebbe ucciso. Ecco perché è stata legittima difesa".