MARCHENO (Brescia)
Giacomo Bozzoli è un latitante e un ricercato anche per l’Europa e in tutto il mondo. La procura di Brescia, con il pm Claudia Passalacqua, ha emesso nei suoi confronti un mandato d’arresto europeo. È la richiesta che fa l’Italia, membro dell’Unione europea, perché si proceda all’arresto in un altro Stato della Ue. Il provvedimento, tramite la procura generale, è stato inviato al ministero degli Esteri perché lo trasmetta anche ai Paesi extra Schengen e a tutti quelli che assicurano assistenza giudiziaria all’Italia. Nella serata di martedì il presidente della prima sezione del tribunale di Brescia, Roberto Spanò, aveva firmato il decreto di latitanza.
"Loro sono in Francia". Lo ha detto agli investigatori Daniele Colossi, suocero di Giacomo, titolare di una nota galleria d’arte a Brescia dove lavora anche la figlia Antonella, moglie del latitante. Ma dove? Giacomo, con la moglie e il loro bambino di nove anni, si troverebbe Oltralpe "in una località imprecisata". Ma è un fatto che le ricerche si estenderanno anche oltre i confini Schengen. Non risulta che negli ultimi sei mesi Giacomo Bozzoli abbia mai compiuto viaggi in aereo. Oltre che nella sua villa a Soiano del Garda, è stato cercato in quella del padre Adelio a Marcheno, nell’azienda di Bedizzole, nella galleria del suocero, in una casa a Ortisei. Nella serata di ieri sono scattate perquisizioni proprio a Soiano, nella villa e a casa di parenti, e a Marcheno. Le ultime testimonianze su di lui e la famiglia sono affidate alle registrazioni dei caselli autostradali. Alle 5.51 del 23 giugno è stato registrato il passaggio della sua Maserati Levante a Manerba, due minuti dopo a Desenzano, un altro alle 6.03. Alle 3.30 della stessa notte l’ultimo accesso di Giacomo a WhatsApp. Viene escluso che sia mai stata intavolata una sorta di interlocuzione per il rientro di Giacomo. È stata semplicemente fatta presente ai difensori e alle persone che gli sono vicine la necessità che si costituisca.
Sono stati ora imboccati i canali canonici in situazioni analoghe, inevitabile con il trascorrere delle ore. Questo anche se non si può ancora escludere che non si tratti di una fuga ma un allontanamento temporaneo per trascorrere in famiglia gli ultimi giorni di libertà e festeggiare il compleanno del figlio. È assoluta la consegna del silenzio da parte di coloro che cercano Giacomo Bozzoli. La sparizione di un uomo atteso dal carcere per scontare l’ergastolo ha colpito l’opinione pubblica e acceso un dibattito anche con punte polemiche.
Come è stato possibile, è la domanda di tanti, venata di incredulità, stupore, preoccupazione? La sparizione di un uomo già gravato da una duplice condanna al carcere a vita, che sarebbe stata prevedibilmente ribadita nell’ultimo giudizio, avrebbe potuto essere prevista o quantomeno ipotizzata, non ci sarebbe stato il modo di monitorare, controllare i suoi spostamenti? Si trattava, fa osservare un inquirente, di una persona assolutamente libera, non gravata da vincoli come gli arresti domiciliari o l’obbligo di firma. Una persona che disponeva dei documenti, che, giudicata in un processo indiziario, era sempre stata presente in aula (fatta eccezione per la sentenza di appello e l’udienza davanti alla Suprema Corte), che non si era mai allontanata dal contesto familiare e lavorativo, che fino all’ultimo aveva tenuto comportamenti normali, come quello, di recente, di prendere parte alla festa per la fine dell’anno scolastico del figlioletto.
Si deve aggiungere che mancano gli strumenti di legge: per esempio una norma che in caso di "doppia conforme" (sentenza di primo grado confermata in appello) preveda la custodia in carcere senza attendere la Cassazione. È intrisa di angoscia la voce di Adelio Bozzoli, il padre di Giacomo: "Ho avuto un mezzo infarto. Non so davvero dove si trovi Giacomo. So che è innocente".