Lunedì 13 Gennaio 2025
REDAZIONE CRONACA

Uccise due donne a Modena, la sentenza choc: motivi comprensibili, nessun ergastolo. Roccella: “Preoccupante”

L’intervento della ministra della famiglia sulle motivazioni dei giudici che il 9 ottobre scorso hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti rispetto alle aggravanti riconosciute, condannando così a 30 anni, e non al carcere a vita come chiesto dalla Procura, Salvatore Montefusco. L’incredulità dei familiari delle vittime

Salvatore Montefusco, imputato per aver ucciso moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia della donna, Renata, 22enne (a destra), a Cavazzona di Castelfranco Emilia il 13 giugno 2022

Salvatore Montefusco, imputato per aver ucciso moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia della donna, Renata, 22enne (a destra), a Cavazzona di Castelfranco Emilia il 13 giugno 2022

Modena, 13 gennaio 2025 – “Motivi umanamente comprensibili”. Questa la motivazione dei giudici per condannare a 30 anni, e non all’ergastolo, Salvatore Montefusco, il 71enne che il 13 giugno 2022 uccise a fucilate la moglie Gabriela Trandafir di 47 anni e la figlia di lei Renata di 22 anni nella loro casa a Cavazzona di Castelfranco Emilia (Modena).

Due donne uccise a colpi di fucile che non hanno convinto, evidentemente, i giudici a condannare al carcere a vita il pensionato, ex imprenditore edile, che dopo il duplice omicidio e dopo aver chiamato il suo legale si recò al bar del paese e a chi gli chiese cosa fosse successo rispose con quell’agghiacciante: “Niente, ho ammazzato mia moglie e mia figlia’".

Salvatore Montefusco, imputato per aver ucciso moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia della donna, Renata, 22enne (a destra), a Cavazzona di Castelfranco Emilia il 13 giugno 2022
Salvatore Montefusco, imputato per aver ucciso moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia della donna, Renata, 22enne (a destra), a Cavazzona di Castelfranco Emilia il 13 giugno 2022

Roccella: “Elementi preoccupanti nella sentenza”

"Leggeremo ovviamente il testo integrale della sentenza, ma se ciò che emerge dagli stralci pubblicati oggi venisse confermato, il pronunciamento della Corte d'Assise di Modena nei confronti dell'uomo responsabile dell'uccisione della moglie e della di lei figlia conterrebbe elementi assai discutibili e certamente preoccupanti – la ministra per la famiglia Eugenia Roccella -. Ove consolidati, rischierebbero non solo di produrre un arretramento nell'annosa lotta per fermare i femminicidi e la violenza maschile contro le donne, ma anche di aprire un vulnus nelle fondamenta che reggono il nostro ordinamento”.

L’incredulità dei familiari delle vittime

“La giovanissima vittima, Renata Trandafir, voleva fare l'avvocato per acquisire gli strumenti con cui difendersi dalle quotidiane violenze a cui lei e sua madre erano sottoposte. Oggi le è stata risparmiata l'esperienza di comprendere il perché uno spietato assassino di due donne inermi possa essere destinatario di tanta benevolenza. Circostanze attenuanti generiche che spazzano via qualunque circostanza aggravante per... umana comprensione. Navighiamo tutti in un mare di forte incredulità”. Così l'avvocata Barbara Iannuccelli, che assiste i familiari delle vittime, commenta la motivazione della condanna a Salvatore Montefusco.

Uccise la moglie e la figlia di lei a Cavazzona di Castelfranco Emilia (Modena): il funerale delle due vittime
Uccise la moglie e la figlia di lei a Cavazzona di Castelfranco Emilia (Modena): il funerale delle due vittime

Le motivazioni

Trent'anni e non l'ergastolo chiesto dalla Procura per quel doppio femminicidio, anche in ragione “della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l'autore a commettere il fatto reato” ha scritto la Corte di assise di Modena nel motivare il perché ha considerato le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti per l’imputato. "Arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità – si legge nella sentenza – se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate”. 

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La richiesta della Procura

Già perché se la Procura di Modena aveva chiesto per Montefusco l'ergastolo, i giudici (presidente estensore Ester Russo) il 9 ottobre hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti rispetto alle aggravanti riconosciute (rapporto di coniugio e aver commesso il fatto davanti al figlio minore della coppia), escludendo premeditazione, motivi abietti e futili, l'aver agito con crudeltà e ritenendo assorbiti i maltrattamenti nell'omicidio.

La sentenza

La sentenza spiega in oltre 200 pagine come il delitto sia avvenuto in un contesto di forte conflitto tra Montefusco e le due donne, con presentazione di denunce reciproche. Secondo i giudici il movente "non può essere ricondotto e ridotto a un mero contenuto economico” sulla casa dove vivevano. Ma è piuttosto da riferirsi “alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall'imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell'ambito del menage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l'abitazione familiare” e con essa anche controllo e cura del figlio.

Duplice femminicidio e black-out emozionale ed esistenziale

Per i giudici è "plausibile” che, come riferito da Montefusco, quando Renata gli disse ancora una volta che avrebbe dovuto lasciare la casa questo “abbia determinato nel suo animo, come dallo stesso più volte sottolineato, quel black-out emozionale ed esistenziale che lo avrebbe condotto a correre a prendere l'arma” a pochi metri di distanza e uccidere le due che “mai e poi mai” secondo quanto affermato dai testimoni sentiti in aula, aveva prima d'allora minacciato di morte.

“Abnorme e tuttavia causale reazione dell’imputato”

La concessione delle generiche considera la confessione, la sostanziale incensuratezza, il corretto contegno processuale e la "situazione che si era creata nell'ambiente familiare e che lo ha indotto a compiere il tragico gesto”. Nel giudicare l'equivalenza tra attenuanti e aggravanti non si può non tenere conto, per la Corte, “di tutta quella serie di condotte unilaterali e reciproche che, susseguitesi nel tempo e cumulativamente considerate” se pure non hanno integrato l'attenuante della provocazione “hanno senz'altro determinato l'abnorme e tuttavia causale reazione dell'imputato”.

L’omicidio delle due donne

Salvatore Montefusco,  il pensionato, ex imprenditore edile di 71 anni uccise a colpi di fucile il 13 giugno 2022, ad un giorno dall’udienza di separazione, nella villa di Castelfranco Emilia, la moglie Gabriela Trandafir (47 anni) e la figlia di lei, Renata, di 22 anni. 

Il racconto in aula dell’imputato

"Quella mattina ero a casa, c’era anche mio figlio – aveva raccontato in aula Montefusco –. Ero fuori con il cane. L’arma era nei ’casotti’, accanto alla gabbia del cane, sopra alla rastrelliera. Il 13 giugno 2022 ho caricato il fucile e basta".  “Quando mia figlia è arrivata a casa – aveva proseguito l’imputato in aula – io ero fuori vicino al cancello. Stavo parlando con l’avvocato: ho visto arrivare l’auto e sono andato a mettere via gli attrezzi. La cagnolina piccola è corsa da Renata e lei, mia figlia, ha iniziato ad offendermi. ‘Adesso te ne vai da questa casa’ mi ha detto e io non ci ho visto più. Sono andato nel casotto, ho preso il fucile e le ho detto: di chi è la casa? Quando si è resa conto che avevo il fucile è scappata. Ho caricato il fucile e ho messo le cartucce in tasca. Ho sparato senza mirare uno, due colpi. Quando mi è passata davanti mia moglie ho sparato ma non miravo. Se volevo ucciderla in due colpi la ammazzavo, ma ho sparato all’impazzata senza mirare".

La giovane Renata è stata ammazzata mentre tentava di scavalcare la recinzione. Gabriela, invece, aveva cercato rifugio in casa. L’imputato ha spiegato di aver aperto la porta, di aver trovato il figlio con il telefono in mano e la madre alle spalle. "Avevo intuito che mio figlio stava chiamando i carabinieri e gli ho detto: ‘Togliti da davanti o ammazzo anche te’. Ho alzato il fucile; Gabriela aveva le mani davanti e mi è partita la fucilata. Mio figlio è sparito dalla mia vista. Lei si è accasciata, l’ho appoggiata sul letto ed è partita un’altra fucilata ma molte cose non le ricordo". Montefusco ha chiamato poi il proprio legale e si è recato al bar. "Una signora mi ha chiesto cosa fosse successo – aveva continuato  – le ho detto: ‘Niente, ho ammazzato mia moglie e mia figlia’".