ROMA
Da ieri Pietro Genovese è un uomo libero. Il ventenne che con la propria auto, la notte del 21 dicembre del 2019, investì e uccise le 16enni Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli nella zona di Corso Francia a Roma, non ha più misure restrittive a suo carico. I giudici della Corte d’Appello, così come previsto dalla legge per le sentenza passate in giudicato, hanno eliminato la misura dell’obbligo di dimora che gravava dall’8 luglio scorso, giorno in cui la condanna a 5 anni e quattro mesi è passata in giudicato dopo la ratifica del concordato in secondo grado. Genovese attende ora che il Tribunale di sorveglianza decida come fargli scontare il residuo pena, circa 3 anni e 7 mesi. Non è escluso che possa essere affidato ai servizi sociali. Lo scorso gennaio il gup aveva deciso la revoca della patente.
Quattro giorni di carcere, un anno e 7 mesi di arresti domiciliari: questo è quanto ha scontato, in sostanza, Genovese, accusato di omicidio stradale plurimo. Nel procedimento non comparivano più come parte civile le famiglie delle due ragazza in quanto hanno ottenuto il risarcimento. La famiglia di Camilla, tramite il legale Cesare Piraino, si augura che "il Tribunale di sorveglianza valuti con serenità, serietà e rigore l’istanza di affidamento al servizio sociale allargato che proporrà il condannato".
In primo grado Genovese venne condannato ad 8 anni di carcere. Nelle motivazioni di quella sentenza il gup Gaspare Sturzo aveva ricostruito quanto avvenuto quella tragica notte a Corso Francia quando Gaia e Camilla, di ritorno a casa da una serata per festeggiare l’inizio delle vacanze di Natale, furono falciate dall’auto di Genovese impegnato – secondo il giudice – in una gara di sorpassi. Le due studentesse stavano attraversando sulle strisce, dopo che il semaforo pedonale era diventato verde. Anche per questo il gup definì "assai elevato il grado di colpa dell’imputato". Genovese, prima del tragico impatto, aveva "effettuato una serie di sorpassi utilizzando al contempo un cellulare con cui mandava messaggi" e "superando il limite di velocità" avendo bevuto oltre i limiti. Poi il concordato in appello. Ora, con ogni probabilità, scatterà l’affidamento ai servizi sociali.