Roma, 16 dicembre 2024 – Dalla panchina commemorativa al carcere, per direttissima, nel comune cilentano diventato famoso per il set di Benvenuti al Sud. Alle sette di stamattina, a Castellabate, in provincia di Salerno, il 63enne tedesco Kai Dausel vede crollare l’immagine di affranto compagno della 53enne Silvia Nowak, trovata assassinata e bruciata nella pineta vicino casa, il 18 ottobre scorso, nella frazione di Ogliastro Marina. Presente in questi due mesi ad ogni iniziativa in ricordo, sino all’inaugurazione – domenica mattina – della panchina simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, il 63enne tedesco deve rispondere di accuse pesantissime: omicidio aggravato e distruzione di cadavere. Per la procura di Vallo della Lucania, supportata dal lavoro investigativo dei Ros, il femminicida può essere solo e soltanto lui.
Per quale movente è da capire, ma gli inquirenti sembrano avere le idee chiare. Silvia Nowak sarebbe stata uccisa martedì 15 ottobre, colpita con un oggetto contundente e poi accoltellata. Il suo assassino, in seguito, avrebbe dato fuoco al corpo, tuttavia non bruciato completamente e trovato semicarbonizzato. In attesa dell’esito dell’autopsia, trapelano lesioni accertate alla gola e al bacino, nonché una traccia ematica su un paletto di recinzione. La scoperta del cadavere risale a tre giorni dopo la scomparsa – denunciata dallo stesso compagno attivando il più elementare dei copioni. Ma quel martedì le telecamere non mostrano altre presenze nell’area inquadrata. Nella proprietà c’era solo la coppia, dopo che gli amici in visita erano ripartiti.
Secondo gli inquirenti, elementi dimostrativi di tipo dichiarativo, logico, documentale e scientifico smontano quindi gli alibi proposti e configurano un quadro di particolare gravità indiziaria a carico dell’indagato: la cui personalità mimetica, se le accuse trovassero conferma, genera oggi vasto sconforto nella comunità cilentana. Proprio domenica Dausel, accompagnato dal suo avvocato, aveva infatti deposto alcune rose rosse sulla panchina intitolata a Silvia, accomodandosi vicino alla scritta “Non lasciare la panchina vuota. Siediti e pensa“. E sempre con l’obiettivo di allontanare o depotenziare i sospetti degli investigatori, l’uomo (in lacrime) non si era neppure sottratto alle interviste in tv, ribadendo la sua “ferma volontà” di arrivare a scoprire la verità sull’omicidio della “sua” Silvia. Parlando in tedesco, aveva anche espresso il desiderio di tornare quanto prima nell’abitazione della compagna (tuttora sotto sequestro).
“Coppia integrata e conosciuta – commenta il sindaco Marco Rizzo –. Mai avuto segnalazioni di criticità o episodi di violenze”. Stanno invece emergendo proprio in queste ore dettagli inattesi sul passato dell’indagato. Avrebbe cambiato cognome all’anagrafe tedesca (Altmann quello precedente) e negli anni Novanta sarebbe stato coinvolto in diverse vicende criminali, dalla frode informatica a reati contro il patrimonio, venendo lambito anche da un caso di omicidio. Quello di Castellabate resta “un procedimento indiziario”, chiarisce Antonio Cantarella procuratore di Vallo della Lucania. Ora toccherà al gip vagliare il quadro.