Tyson e Borg, polvere di stelle. Quei campioni messi ko dalla cocaina

Quando arrivano i soldi e la fama, in molti cedono alla tentazione degli stupefacenti fino all’autodistruzione La star della Nba Lamar Odom fu ritrovato privo di sensi dopo un cocktail di droga e alcol in un bordello

Mike Tyson (Ansa)

Mike Tyson (Ansa)

«Monkey on one’s back". La scimmia sulla schiena. È il modo americano per disegnare la schiavitù. L’unica mai abolita: da alcol e droga. Una definizione usata anche da William Burroughs nel suo ‘Junkie’, per descrivere l’astinenza da eroina e morfina. La sua. E chissà se qualcuno degli eroi dello sport caduti dal dirupo degli eccessi distruttivi l’avrà letto quel libro. Un viaggio crudo e spietatamente meticoloso sul rito dell’autodistruzione. Come quello di Diego Armando Maradona. E non solo. George Best, Paul ‘Gazza’ Gascoigne, i casi più clamorosi nel calcio, certo. Ma anche, restando in Inghilterra, la leggenda dell’Arsenal Tony Adams, che scriverà anche un libro: Fuorigioco – La mia vita con l’alcol e quella dello United Roy Keane.

Eppoi la cocaina, la più implacabile degli avversari che ha ‘marcato’ tanti, troppi eroi del pallone. In tempi diversi sono finiti nei guai Adrian Mutu, Jardel, Caniggia, Pagotto, Flachi, Pato Aguilera. Eppoi, Mark Iuliano a fine carriera. E Seb Rossi che cadde nel vizio della coca quando i guanti erano in soffitta. Fino a René Higuita, un’amicizia scottante con il re della droga Pablo Escobar e beccato positivo alla coca. Hanno coraggiosamente raccontato la loro storia, una volta usciti dal tunnel l’ex Ascoli Walter Casagrande e l’olandese Kieft, star del Pisa di Romeo Anconetani. Però poi, droga e alcol non distruggono solo i calciatori. Sono tanti gli sportivi che raccontano come la fama sia una prigione, dorata quanto si vuole, ma pur sempre una cella dalle sbarre invisibili. Lo ha fatto Michael Jordan nel docufim ‘The Last Dance’, pur non avendo nulla a che fare con droghe e dipendenze. E in ogni caso, l’Nba ne ha di storie, brutte, da raccontare. Come quella dell’eroe dei Lakers Lamar Odom ritrovato tra la vita e la morte in una specie di bordello, messo ko da un cocktail di cocaina, alcool e metanfetamina. Odom ha raccontato: "Ho avuto 12 ictus, 6 arresti cardiaci e alle Olimpiadi usai un pene finto per aggirare l’antidoping".

Nel tennis il caso più clamoroso riguarda Bjorn Borg. Lo svedese 5 volte campione di Wimbledon, fuori dal campo era il demone di se stesso. Cocaina, alcol e sesso: per questo si sarebbe smarrito fino a ritirarsi a 26 anni. Un "matto calmo", lo definirà Panatta in grado di "svuotare due bottiglie di vodka, restare steso fino al mattino, e poi giocare come nulla fosse".

Sorpresi a dar del tu alla droga anche altre superstar del tennis, da Noah a Gerulaitis, da Wilander a Martina Hingis, fino al caso limite di Jennifer Capriati, che nel 2010 sfugge alla morte dopo essere andata in overdose.

Sport che vai, striscia di coca che trovi. Nel 1999 la leggenda del salto in alto, il cubano Javier Sotomayor – record del mondo ancora imbattuto a 2,45 – viene pizzicato positivo alla cocaina. Nel 2006 viene invece arrestato Mike Tyson a Scottsdale: nella sua auto c’è la coca. Come mai? Un altro Tyson e cioè Fury, ha lasciato vacante il titolo dei massimi Wba e Wbo per disintossicarsi da droghe e alcol. Coraggioso. Eppoi, le storie drammatiche di Johnny Tapia e del ‘Torito’ Tony Ayala, molestato da piccolo, habitué di droga e alcol e finito in carcere per aver violentato una professoressa. Se la storia delle due ruote a pedali è piena di casi di doping, ancora oggi riaffiora il dolore per la morte di Marco Pantani, trascinato via dal demone della droga. Eppoi, Tom Boonen, beccato un paio di volte positivo alla coca. Eh sì, perché quando c’è una Monkey on one’s back scacciarla via pare semplice, ma non lo è affatto.