Torino, 2 settembre 2023 – Le vite di cinque uomini travolte da un inaccettabile equivoco, da una insopportabile leggerezza nel superare le regole di sicurezza. Sono morti per nulla, come se le loro vite non valessero nulla. Ecco perché la procura di Ivrea ha iscritto nel registro degli indagati i due sopravvissuti.
I MACCHINISTI
Sia Rfi che la procura di Ivrea sono concordi nel ritenere che i macchinisti del treno investitore siano del tutto estranei: hanno viaggiato su una linea con semaforo verde e alle velocità consentite e si sono trovati davanti un ostacolo che non doveva esserci. Non hanno colpe.
IL NULLAOSTA LAVORI
I lavori erano programmati e autorizzati, ma sarebbero dovuti avvenire solo ed esclusivamente dopo comunicazione scritta di nullaosta inizio lavori, da certificare e consegnare in loco da parte dello “scorta ditta“ di Rfi presente in stazione (Antonio Massa, uno dei due indagati) dopo il via libera sulla sala operativa di Rfi. Ma questo via libera non è mai arrivato. O meglio, la telefonata è giunta una ventina di secondi prima dell’arrivo del treno.
LA CHIAMATA
Tra il materiale sequestrato dagli investigatori c’è la registrazione della conversazione telefonica tra il collega dell’ufficio movimento di Chivasso e l’addetto di Rfi che avrebbe dovuto dare per iscritto il nullaosta agli operai per cominciare i lavori. La fatale telefonata nella quale il dirigente Rfi ha comunicato ad Antonio Massa che da lì a 5 minuti era possibile iniziare i lavori sul binario uno è tragicamente giunta – e non è un addebito a carico dell’ufficio movimento di Chivasso, che ha chiamato solo quando poteva annunciare che di lì a qualche minuto la linea sarebbe stata chiusa – appena una ventina di secondi prima dello schianto fatale. Il treno passeggeri è arrivato proprio mentre Massa era al telefono e stava compilando con il dirigente di Chivasso la comunicazione formale, scritta, da consegnare ad caposquadra della Sigifer per dare il via ai lavori. Tragicamente gli operai erano già sulla linea da alcuni minuti. Ed è stata strage.
LO SCAMBIO DI TRENO
Il nodo di tutto è che il treno passeggeri vuoto diretto verso Torino è giunto con una decina di minuti di ritardo ma soprattutto è giunto dopo il treno merci che di solito in quella stazione chiude la sequenza di treni attorno alla mezzanotte. Gli operai della Sigifer – azienda locale – e il loro caposquadra Andrea Giradin Gibin sapevano per esperienza che il merci era l’ultimo treno e il caposquadra (che per questo è indagato) ha ritenuto che il treno passeggeri, in assenza di comunicazioni dalla sala operativa, non sarebbe passato. Tragico errore.
IL RITARDO
Il treno era semplicemente in ritardo e la mancanza di nullaosta della “sala operativa“ non era giunto perché il dirigente attendeva il transito di quel treno per dare il via libera con la consueta telefonata allo “scorta ditta“ presente in stazione. Ma loro non lo sapevano e così sono scesi sui binari alcuni minuti prima di essere investiti, iniziando tranquillamente le lavorazioni. La colpa non è loro ma di chi gli ha detto di farlo e di chi non ha impedito che accadesse.
ALTRI INDAGATI?
Ma in prospettiva gli indagati rimarranno due o si punterà anche più in alto? In procura si procede con i piedi di piombo ma si osserva che "quanto accaduto ha reso palese che il meccanismo di garanzia non era sufficiente a tutelare un lavoro così delicato". È quindi possibile, anche se tutt’altro che scontato, che una volta che gli accertamenti peritali saranno conclusi si possa arrivare ad altri avvisi di garanzia, stavolta su un piano più generale, e cioè quello di regole che potrebbero essere considerate dalla procura di Ivrea inadeguate a garantire la sicurezza. Si vedrà. Certo è che cinque lavoratori sono morti e come quasi sempre negli incidenti sul lavoro non è stata una fatalità ma un evento che si poteva e doveva evitare.