Lunedì 28 Ottobre 2024
GIOVANNI ROSSI
Cronaca

Turetta e l’orrore su Giulia: "Ho pianificato l’omicidio. Urlava, colpivo più forte"

Il 22enne depone al processo: si rifiutava di tornare con me e l’ho ammazzata "Quel giorno volevo stare con lei l’ultima volta, prima di rapirla e farle male".

Turetta e l’orrore su Giulia: "Ho pianificato l’omicidio. Urlava, colpivo più forte"

Il 22enne depone al processo: si rifiutava di tornare con me e l’ho ammazzata "Quel giorno volevo stare con lei l’ultima volta, prima di rapirla e farle male".

Una lista scritta di armi e attrezzi. E persino acquisti multipli "per maggior sicurezza". Sei ore e mezza di interrogatorio bastano e avanzano. Il presidente del Tribunale, Stefano Manduzio, annulla l’udienza del 28 ottobre e convoca il dibattimento per il 25 novembre. Pm, parti civili e difesa non hanno più nulla da chiedere a Filippo Turetta. Due o tre udienze al massimo e il 3 dicembre sarà condannato. L’aspirante ingegnere di Torreglia, 22 anni compiuti in carcere, lascia l’aula d’Assise di Venezia a testa bassa, proprio com’era entrato di prima mattina, per rispondere dell’omicidio dell’ex fidanzata e coetanea Giulia Cecchettin, laureanda in ingegneria biomedica, straziata con 75 coltellate nella notte dell’11 novembre 2023, tra Vigonovo e Fossò lungo la Riviera del Brenta. Il corpo abbandonato al lago di Barcis, in Friuli, è l’ultima sconcezza prima della fuga.

L’assassino, arrestato una settimana dopo in Germania, appare in aula nella sua figura incongrua: volto tardo adolescenziale, voce fragile e titubante, sguardo perso nel vuoto, pensieri che faticano a tradursi in parole. Consegna alla corte un memoriale di 80 pagine scritto a mano: "Mi dispiace infinitamente per tutto quello che le ho fatto. (…) Non sarebbe mai dovuto succedere ed è inaccettabile". Ma poi impiega tre ore prima di riconoscere la verità tra lacrime contenute: "Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, avevo rabbia, soffrivo di questa cosa. Io volevo tornare insieme a lei". Se la relazione sentimentale non fosse ricominciata, Turetta aveva pensato a un rapimento: "Volevo stare insieme, noi due soli. Passare del tempo assieme, prima eventualmente di toglierle la vita". Suicidarsi sarebbe stato il passo successivo. Confessa bugie al pm: "Nel primo interrogatorio non ho dato la risposta corretta ad alcune domande e mi dispiace". Sa di non poter tornare più indietro. "In certi momenti vorrei chiedere scusa ma credo che sia ridicolo vista l’entità e l’ingiustizia che ho commesso. Potrebbe creare ulteriore dolore. Vorrei sparire". Non può. Prima deve rispondere a pm e avvocati.

La "molla" criminale scatta in novembre, al culmine di litigi seriali, la fase conclusiva di una relazione tossica con sentimenti asimmetrici. Separazione definitiva. Il volto di Giulia diventa ossessione. Il 7 novembre "cominciano i pensieri brutti e terribili", come "farle del male" e "toglierle la vita". Tra il 7 e l’11 novembre scatta la preparazione del vagheggiato rapimento – poi omicidio: "Coltelli messi in auto", altro scotch "comprato" dopo quello acquistato on line. La sera dell’11 novembre, nel parcheggio di Vigonovo, "la cosa che volevo più di tutte – ricostruisce il reo confesso – era tornare con Giulia, ho provato a farle un regalo (una scimmietta di peluche, ndr) ma lei lo ha rifiutato. In quel momento ho sentito di aver perso la possibilità di tornare insieme". Settantacinque coltellate sono troppe da contare e persino da immaginare. È a Vigonovo, a 150 metri da casa Cecchettin che avviene la prima aggressione. Turetta impugna il coltello e assesta i primi fendenti: "Poi – dichiara – mi sono trovato in mano solo il manico. L’ho caricata in macchina", a sicure bloccate. Via il cellulare "per impedirle di chiamare aiuto". Turetta guida e mulina l’altro coltello. "Un colpo alla coscia, forse altri, non lo so perché colpivo a caso". A Fossò la vitima predestinata riesce a scendere dall’auto: la telecamera di una ditta inquadra la breve fuga. Troppo tardi. Scatta l’esecuzione a terra. Un massacro. "Volevo colpirla al collo – è il racconto – per non farla soffrire, lei alzava le mani per difendersi, e allora ho tentato di colpirla più velocemente possibile. Non avrei mai voluto colpirla sul viso, mi ha inorridito". Il finale agghiacciante va in scena al lago di Barcis, dove Turetta vorrebbe suicidarsi "con un sacchetto di plastica in testa" ma non ci riesce. Lascia il corpo sotto un telo, "visto com’era ridotto", e sgomma verso la disperazione.