Venerdì 14 Marzo 2025
ALESSANDRO
Cronaca

Tunisia sull’orlo del baratro Presidente malato, Paese nel caos L’Italia rischia un’ondata di migranti

Vertice a Palazzo Chigi, il governo italiano insiste: "Servono aiuti, passi avanti per i soldi da Usa e Ue". Instabilità politica, economica e sociale: flussi esplosi. Saied sparito per giorni, gravi problemi cardiaci.

di Alessandro

Farruggia

Fragile come una rosa del deserto, la Tunisia vive una grave crisi. Anche per questo i flussi migratori dalle sue coste sono ripresi potenti, e sono flussi non solo di subsahariani ma anche di tunisini provati dall’assenza di prospettive. L’autocrate che guida la Tunisia, il presidente Kais Saied, è tornato l’altro ieri a farsi vedere dopo 11 giorni di assenza che avevano fatto divampare speculazioni sul destino dell’uomo forte che con un golpe prima sospese e poi sciolse il Parlamento. Che ha cambiato la Costituzione e si è fatto un Parlamento a sua immagine, votato solo dall’11% dei suoi cittadini.

Lunedì Saied si è fatto riprendere in un video nel quale attacca i partiti (che hanno boicottato le ultime elezioni) denunciando "un grado di follia senza precedenti, perché se il presidente è assente per qualche giorno, tutto ciò diventa un vuoto di potere: i miei detrattori meritano solo disprezzo" e promettendo che "la Tunisia non permetterà ai nemici di ieri e alleati di oggi di cospirare contro lo stato", un trasparente riferimento alla Francia.

"La sua assenza, secondo voci ricorrenti determinata da problemi cardiaci, comunque pare non gravi – osserva Imen Ben Mohammed ex deputato del partito Ennahada e oggi, da Ginevra, attivista dei diritti umani –ha mostrato la fragilità dello stato tunisino. La sua assenza per 11i giorni ha messo il paese in crisi. Secondo la costituzione da lui approvata se il presidente fosse indisponibile il potere passerebbe al presidente del Parlamento, ma in una eventualità del genere si aprirebbero grandi incognite". Fmi e l’UE stanno trattando da tempo per dare alla Tunisia le risorse economiche che le servono, ma Saied resiste alle richieste di avviare riforme in cambio dei prestiti.

"Questi aiuti – osserva Ben Mohammed – non devono tradursi in un sostegno ad un regime che si a rivelando peggiore di quello di Ben Alì. Vanno chieste riforme economiche ma anche riforme politiche. Senza, saranno soldi buttati. Quello che l’Italia e l’Europa dovrebbero capire è che Saied non è l’uomo che risolverà il problema dei migranti. Serve una riconciliazione nazionale che crei le condizioni per una ripresa economica, e dia un futuro ai tunisini. Altrimenti il rischio di un aumento esponenziale degli arrivi in Italia è alto".

"Siamo di fronte – osserva Arturo Varvelli capo dell’ufficio italiano dell European Council on Foreign Relations – a un dilemma. Noi ci sentiamo costretti a dare i soldi pensando che farlo ridurrà direttamente o indirettamente il flusso di migranti, ma dall’altra parte sappiamo che questo gioco alla lunga produce un meccanismo di richieste reiterate nel tempo, senza contare che dando i fondi ad un autocrate come Saied c’è il rischio che li usi solo per rafforzare il proprio potere. Abbiamo alternative? Oggi forse no perché Saied pensa di avere il coltello dalla parte del manico. Ma alcuni esperti di cose tunisine mi dicono che lui non è poi così forte e che stiamo puntando ancora sul cavallo sbagliato".

Il governo italiano conferma l’intenzione di fornire gli aiuti a Saied, "vincolandoli alle riforme" ha detto ieri il ministro degli Esteri Tajani. Ma il vincolo è scomparso dal comunicato del vertice di palazzo Chigi di ieri sera. "Prioritaria – si osserva – è l’azione per aiutare la Tunisia in un momento di difficoltà. In particolare, si è discusso sullo sblocco dei finanziamenti. Pur nella difficoltà del quadro, sulla Tunisia si registrano progressi sia da parte degli Stati Uniti che dell’Unione Europea, grazie anche all’impegno italiano".