Un kalashnikov, due fucili, tre pistole, mitragliette, tre granate, centinaia di munizioni, giubbotti antiproiettile e pettorine delle forze dell’ordine. Un vero e proprio arsenale direttamente collegato, secondo gli investigatori, agli ex vertici della Curva Nord interista e in particolare a uno dei suoi leader storici Andrea Beretta, arrestato il 4 settembre per l’omicidio dell’amico-rivale Antonio Bellocco e neo collaboratore di giustizia. Il blitz della Squadra mobile apre (ulteriori) inquietanti scenari sui capi che hanno governato per anni il tifo organizzato di fede nerazzurra e sulla santa barbara che avrebbero avuto a disposizione: su quelle armi verranno ovviamente effettuati nelle prossime settimane i rilievi balistici per capire se siano stati utilizzati nel recente passato; in questo contesto, non si può non ricordare che la pistola usata per uccidere l’ex leader della Nord Vittorio Boiocchi la sera del 29 ottobre 2022 non è mai ritrovata, così come non sono stati ancora identificati mandanti ed esecutori dell’omicidio.
Per adesso, è finito a San Vittore con l’accusa di detenzione di armi (anche da guerra) il presunto custode del deposito, il cinquantenne Cristian Ferrario, già messo ai domiciliari (misura poi affievolita in obbligo di dimora) nell’operazione ’Doppia curva’ con l’accusa di aver fatto da prestanome a Beretta e Bellocco per un bonifico da 40mila euro. Dal canto suo, il diretto interessato, assistito dall’avvocato Mirko Perlino, si è detto stupito dal ritrovamento e ha assicurato di non sapere nulla delle armi; una linea che dovrebbe mantenere anche nell’interrogatorio di convalida davanti al gip, che si terrà nei prossimi giorni. Eppure i poliziotti hanno trovato la chiave che apriva il magazzino proprio nell’abitazione in cui vive Ferrario a Cambiago, a 35 chilometri da Milano. Da lì non hanno dovuto fare troppa strada per arrivare al deposito che conteneva fucili, pistole e un Ak47. Il cinquantenne, stando agli atti dell’inchiesta che ha smantellato i direttivi di Nord interista e Sud milanista, era "legato da anni" a Beretta, anche nel ruolo di dipendente nel negozio di merchandising di Pioltello ’We are Milano’.
Un’attività commerciale che avrebbe fruttato a ’Berro’ ingenti guadagni e che a un certo punto sarebbe diventato motivo di scontro con Bellocco, che nei primi mesi del 2024 ha iniziato a sospettare che il socio alla pari (nel triumvirato salito al potere dopo la morte di Boiocchi) non spartisse quegli introiti con lui e con il frontman Marco Ferdico. Da lì il primo avvertimento a Beretta il 23 luglio 2024, durante una riunione convocata da ’Totò ’u Nanu’ nel box di casa sua a Pioltello: in quell’occasione, il rampollo di ’ndrangheta avrebbe ordinato a ’Berro’ di farsi parte nella gestione del merchandising. Nelle settimane successive, il quarantanovenne è venuto a sapere da un altro ultrà che Bellocco aveva intenzione di farlo fuori e ha iniziato ad andare in giro armato. Fino al 4 settembre, il giorno del redde rationem davanti alla palestra Testudo di Cernusco sul Naviglio: dopo un violento litigio nella Smart di Bellocco, Beretta ha tirato fuori la pistola, ma l’altro è riuscito a sfilargliela; a quel punto, il capo ultrà l’ha accoltellato alla gola e al cuore, tornando più volte nell’abitacolo per continuare a colpire.
Ammanettato pochi minuti dopo dai carabinieri, tre settimane dopo Beretta si è visto notificare in cella l’ordinanza di custodia cautelare che lo accusa di aver messo in piedi un’associazione a delinquere al secondo anello verde di San Siro, con l’aggravante di aver favorito la ’ndrina dei Bellocco. Poi la decisione di pentirsi e di raccontare ai pm dell’Antimafia tutto quello che sa sugli ultimi vent’anni di curva e sulla tragica fine dello ’Zio’ Boiocchi.