Sabato 21 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Trovata morta nel bosco. L’autopsia psicologica e un suicidio sospetto

Liliana voleva lasciare il marito, aveva un altro uomo. Trieste, sul cadavere lesioni provocate da terzi.

Non sempre la scienza basta per risolvere un giallo. E, nel caso di Liliana Resinovich, sembra aprire più domande di quante ne chiuda.

Le prime indiscrezioni sulla seconda autopsia aprono, infatti, una crepa per quanto riguarda l’ipotesi del suicidio: sul corpo di Liliana sarebbero state riscontrate lesioni riconducibili a terzi. Segni che spostano l’attenzione da un gesto estremo a una possibile aggressione.

Ma anche questo non basta. Per arrivare alla verità, bisogna guardare oltre la scena del crimine. Bisogna capire chi era Liliana e cosa stava vivendo negli ultimi mesi della sua vita. L’autopsia psicologica è lo strumento che può fare luce dove la scienza si ferma. Analizzare i pensieri, le scelte, le relazioni: tutto ciò che compone la biografia di una vittima diventa una traccia fondamentale per decifrare un giallo. E nel caso di Lilli quello che emerge stride con l’idea di un suicidio. Non ci sono segnali di disperazione, nessun cedimento, nessuna traccia di una mente sopraffatta. Al contrario, Liliana era a un bivio, ma aveva già scelto la sua strada: voleva un futuro lontano dal marito Sebastiano Visintin e vicino al suo amico speciale Claudio Sterpin.

Ogni suo gesto parlava di progettualità. Cercava un appartamento in centro a Trieste. Si informava su come divorziare senza avvocato. Pianificava un weekend con Claudio. Prelevava denaro per realizzare i suoi piani. Nessuna traccia, nei suoi dispositivi elettronici, fa pensare a un addio imminente. Nessuna ricerca su metodi di suicidio. Chi pianifica un futuro non lo abbandona all’improvviso. Le analisi scientifiche possono dirci molto, ma il quadro si completa solo con l’indagine tradizionale. Ogni azione di Liliana racconta la storia di una donna che stava ricostruendo la propria vita.

Non c’è spazio per un dolore che nessuno avrebbe visto. Il fratello Sergio lo ripete da sempre: "Liliana non si sarebbe mai tolta la vita". E i fatti sembrerebbero confermarlo. La morte di Liliana Resinovich non può essere archiviata. Non è solo una questione di sacchetti, di cordini o di lesioni. È una questione di chi era Liliana, di ciò che stava costruendo, dei passi che stava compiendo verso una nuova vita. Lilli probabilmente non si è arresa, ma qualcuno potrebbe aver deciso per lei. E quella verità, nascosta tra le pieghe della sua vita e della sua morte, aspetta ancora di essere raccontata.