Giovedì 21 Novembre 2024
ANTONIO TROISE
Cronaca

Treni bloccati e guasti, l’economista dei trasporti: “Tecnologie diverse, poca cura. Così un cavo ci manda in tilt”

Pietro Spirito, una lunga carriera in Fs: la rete Av non è omogenea e quella tradizionale è vetusta. “Non credo sia davvero tutta colpa di un chiodo, ma se così fosse avremmo un problema di reazione”

Roma, 3 ottobre 2024 – Nutre più di un dubbio sulla versione “del chiodo” che avrebbe mandato in tilt il sistema ferroviario italiano. Per Pietro Spirito, economista dei trasporti, ex presidente del sistema portuale del mar Tirreno centrale, dell’Interporto di Bologna e, soprattutto, una lunga carriera proprio nelle Fs, il problema è molto più ampio e più antico. “Il nodo – spiega – riguarda l’intera architettura della rete, dove gli investimenti sono stati fatti in tempi diversi. Il risultato è che abbiamo ancora oggi tratte con tecnologie e caratteristiche differenti”.

Dobbiamo rassegnarci?

“Quando partì l’alta velocità emerse subito con chiarezza che non c’erano i soldi per fare tutto. E, così, la tratta Roma-Firenze rimase più o meno con le vecchie caratteristiche ed è stupefacente che non ci sia ancora nei programmi neanche il suo adeguamento. Avremmo bisogno di una rete omogenea, armonizzata. Solo così potremmo evitare disservizi e problemi. C’è poi un altro tema, sui binari Av possono viaggiare anche i treni merci. Solo che non ci vanno perché i pedaggi sono esosi. Eppure stiamo spendendo una montagna di denari per avere questo esercizio misto”.

Caos alla Stazione Termini per un guasto alla linea ferroviaria con ritardi e cancellazioni di treni Alta Velocità, intercity e regionali (Ansa)
Caos alla Stazione Termini per un guasto alla linea ferroviaria con ritardi e cancellazioni di treni Alta Velocità, intercity e regionali (Ansa)

Lei cosa farebbe?

“Secondo me è uno spreco realizzare binari nuovi quando potremmo utilizzare le risorse per armonizzare le tecnologie e ammodernare la rete tradizionali. Per il traporto merci occorrebbe rivedere le altezze delle gallerie e rivedere i moduli delle stazioni. Invece, oggi, mentre in Europa viaggiano convogli lunghi 750 metri in grado di trasportare 2mila tonnellate di merci, in Italia, quando si arriva nel Sud, non si va oltre i 500 metri e le 850 tonnellate. In questa maniera siamo fuori mercato”.

Torniamo al mercoledì nero. Cosa non ha funzionato?

“Non so davvero se sarà confermata l’ipotesi del chiodo che avrebbe compromesso un cavo elettrico. Mi sembra un po’ troppo. La verità è che la rete ha bisogno di un continuo presidio di esercizio. Cose del genere non possono accadere. Invece, vedo un po’ calare la solida cultura ferroviaria di un tempo. Inoltre mi sembra che troppo lungo il tempo di reazione, soprattutto se si è trattato solo di un cavo”.

L'economista dei trasporti Pietro Spirito
L'economista dei trasporti Pietro Spirito

Non c’è anche un problema, più generale, di cantieri. Ce ne sono in attività circa 400...

“Sono investimenti importanti e necessari. E, questo, sicuramente interferisce nell’esercizio e determina ritardi. È sicuramente difficile gestire contemporaneamente esercizio e la manutenzione di binari e treni”.

Forse occorrerebbe aumentare gli organici della manutenzione?

“Non ho una risposta precisa su questo tema. C’è, però, sicuramente un problema di cambio generazionale, sono saltate alcune professionalità storiche e faticano ad emergere i nuovi profili necessari per gestire le tecnologie. Inoltre, sarebbe necessario bilanciare meglio le attività di manutenzione affidate all’interno dell’azienda e quelle, invece, coperte con risorse esterne”.

Con la privatizzazione le cose migliorerebbero?

“È un’operazione che presenta rischi. In ogni caso, bisognerebbe scorporare la rete, che è un monopolio, e mettere sul mercato solo i servizi. In Gran Bretagna si fece l’errore di privatizzare tutto e ci furono conseguenze drammatiche. Tanto che poi si decise di “ripubblicizzare” la rete. Non vorrei che, anche in questo caso, si trovassimo di fronte ad una riedizione di quello che è successo con Autostrade dopo il Ponte Morandi”.