Vercelli, 5 ottobre 2024 – "I morti di Brandizzo non sono serviti a niente. La strage dove è morto mio figlio Kevin e altri 4 operai non è servita a niente. Neanche un mese fa eravamo a Roma, abbiamo parlato ore e ore, ci hanno detto che la tecnologia cambierà tutto, che non ci saranno più subappalti. E ora siamo qui a piangere un’altra vittima".
La voce di Massimo Laganà s’incrina per la commozione. Lo raggiungiamo al telefono alla fine di una giornata di lavoro, in cantiere a Vercelli. Prima che si compia il rito quotidiano, la visita al cimitero dal suo Kevin, che aveva solo 22 anni. La vittima più giovane della strage di Brandizzo, era il 30 agosto 2023 quando 5 operai rimasero uccisi sui binari della stazione, alle porte di Torino.
Cos’ha pensato, quando ha saputo dell’operaio travolto nel Bolognese?
"Che non è cambiato niente, che si ripeterà ancora. Siamo abbandonati da tutti ma non ci fermeremo mai. Chi è responsabile della strage di Brandizzo deve andare in galera. Io non ho più pace, non vivo più. Tutti i giorni vado da Kevin, al cimitero".
Lo ha seppellito a Vercelli, dove vivete.
"E ogni giorno ripeto davanti alla sua tomba che io e Antonino, mio figlio più grande, non ci fermeremo mai. Noi tre eravamo un tutt’uno".
Che cosa chiede?
"Sono pronto a incatenarmi in tribunale, noi vogliamo una giustizia vera. Perché non è stato un incidente sul lavoro, l’hanno ucciso. Hanno ucciso lui e gli altri 4. La mia ferita non si rimarginerà mai, io non vivo più, sopravvivo. Kevin era tutto per me. La sicurezza si fa con gli appalti giusti".
Perché Kevin girò quel video sui binari, la notte della strage?
"Mio figlio si è fatto giustizia da solo, per sé e per i suoi colleghi. Perché quello non è il video di un ragazzo di 22 anni, non è un video stupido. Lui ha voluto documentare quello che stava accadendo, era arrabbiato. Per questo ha salvato la diretta su Instagram. Altrimenti non l’avremmo mai trovata".
Un’altra famiglia nel dolore, oggi.
"Quando ho letto la notizia ho pensato esattamente a questo, alla famiglia". La commozione blocca le parole, Massimo Laganà si ferma, poi riprende: "Dovranno vivere anche loro l’incubo che ho passato io, per la vita. E tutto questo per un pezzo di pane. Usciamo di casa per andare a lavorare, non per morire. Per il mio Kevin non posso fare più niente ma loro devono pagare. Mi scrivono mamme e papà da tutta Italia, mi dicono di tenere duro. Ed è quello che faccio".