Roma, 31 dicembre 2024 – Dolore e consapevolezza. Per la prima volta dopo tanto tempo, un anno che si chiude sa lasciarsi alle spalle una crescita che si annida anche nei capitoli peggiori della sua cronaca nera. Non che le notizie di femminicidi, morti o violenza possano avere in sé un – anche solo recondito – elemento di positività. Non c’è, non può esserci rovescio della medaglia di alcun tipo in una vita stroncata a 22 anni, a un passo dal traguardo della laurea, come quella di Giulia Cecchettin. Né nella morte truce di Giulia Tramontano, accoltellata al settimo mese di gravidanza dopo vari tentativi di avvelenamento andati male. Non ci sono bagliori di speranza nelle violenze sessuali di una baby gang o nella morte di un diciannovenne in fuga dalla polizia nella notte buia di Corvetto, Milano, come Ramy Elgalm. Non può rinascere dalle ceneri la vita degli operai morti nello stabilimento Eni di Calenzano o nella centrale idroelettrica di Suviana.
C’è però, in tutti gli episodi che abbiamo scelto di accomunare in questa pagina, di sicuro una consapevolezza. Un moto esterno ai fatti narrati e che riguarda tutti noi. La certezza che non si deve più morire di lavoro nel terzo millennio. O che dobbiamo educare e vigilare sui nostri figli maschi, perché l’uccisione di una donna da parte di un proprio compagno, marito, fidanzato, è un’aberrazione del possesso e della prevaricazione di genere che mai più derubricheremo a ’follia’, ’raptus’, ’esasperazione’ e altri miti di fantasia. Che, infine, se i nostri figli rischiano la vita nelle banlieue metropolitane o agiscono in branco con sprezzo della vita propria e di quella altrui la colpa non può essere la loro, o dei cattivi esempi, dei videogiochi, delle cattive amicizie. La colpa è di noi stessi, di tutti noi. E in noi stessi, tutti noi, deve albergare e gemmare ogni giorno anche la voglia di cambiamento. Allora sì che sarà un buon 2025.