Sabato 19 Aprile 2025
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Cronaca

Esplosione alla Toyota a Bologna: 12 indagati, c’è anche l’Ad Candiani

Quattro periti per ricostruire la tragedia dei sei mesi fa: nello scoppio nello stabilimento del Bargellino: morirono Fabio Tosi e Lorenzo Cubello. La compagna di una vittima: “Nessuna giustizia sarà mai adeguata”

Esplosione alla Toyota a Bologna: 12 indagati, c’è anche l’Ad Candiani

Bologna, 15 aprile 2025 – "Finalmente qualcosa si muove, ma la strada sarà lunga. Qualunque sarà l’esito, però, nessuna giustizia sarà mai adeguata. Nulla potrà mai aggiustare quanto accaduto". Sono le parole di Paola, che nell’esplosione della Toyota del 23 ottobre scorso ha perso il compagno Lorenzo, l’amore della sua vita, alla notizia che ci sono dodici nomi iscritti dalla Procura nell’indagine. Il mese scorso, è nato il figlio della coppia, che porta lo stesso nome del papà che non c’è più. "Lo guardo negli occhi e vedo lo sguardo del padre, quel padre che doveva essere qui con noi a vederlo crescere e invece è morto quel giorno. Nulla potrà mai porre rimedio a questo".

Sei mesi fa, nel tragico incidente all’impianto di Bargellino, oltre a Lorenzo Cubello, 37 anni, perse la vita Fabio Tosi, 34 anni, e undici lavoratori rimasero feriti. Ora, la Procura ha iniziato a mettere in ordine le presunte responsabilità per quella strage sul lavoro e, in vista di una consulenza tecnica irripetibile, ha cristallizzato i primi indagati. Tra questi, accusati in concorso di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose plurime gravissime e crollo, figurano l’attuale Ad Michele Candiani e i suoi predecessori Giorgio Polonio e Ambrogio Bollini, oltre ai professionisti che a vario titolo progettarono, installarono nel 2017 e successivamente si sono occupati della manutenzione della centrale termo-frigorifera che serviva la palazzina che ospitava gli uffici direzionali dello stabilimento. Quella deflagrata sul magazzino della logistica dove lavoravano le vittime.

Tra le ipotesi avanzate, in base alle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, coadiuvati da personale della medicina del lavoro dell’Ausl e vigili del fuoco, c’è anche che alla base dell’esplosione possa esserci stato un malfunzionamento dell’impianto, legato a un difetto di progettazione. In sostanza, non sarebbe stata pensata una ‘valvola di sfogo’ per la pressione accumulata dalla centrale. Gli inquirenti ipotizzano insomma che l’impianto possa essere stato progettato e installato male e chi doveva occuparsi della manutenzione non avrebbe notato, nel tempo, queste carenze.

Mazzi di fiori portati da amici, colleghi e parenti per le vittime dell'esplosione (foto Schicchi)
Mazzi di fiori portati da amici, colleghi e parenti per le vittime dell'esplosione (foto Schicchi)

Proprio per ricostruire in maniera puntuale cosa non abbia funzionato, quel giorno, alla Toyota, la Procura ha nominato quattro periti - Stefano Consonni, Paolo Pennacchi, Roberto Bonazzi e Giacomo Porcellana - a cui il prossimo 5 maggio conferirà l’incarico. I periti sono chiamati a ricostruire caratteristiche, dimensioni e dinamica dell’incidente, ricomporre l’impianto esploso e ricostruire progettazione, installazione e manutenzione nel tempo della centrale. All’esito, dovranno esprimersi tra l’altro sui rischi per i lavoratori o le persone all’interno dello stabilimento, le misure adottate per la prevenzione, l’adeguatezza dei sistemi di sicurezza e se fosse previsto un dispositivo in caso di guasto, e su come è stata seguita la manutenzione.

La Toyota "prende atto dell’ipotesi di reato provvisoriamente iscritta a carico dei vertici aziendali – si legge in una nota dell’azienda – e ribadisce e conferma la massima collaborazione e la piena fiducia nel lavoro della magistratura".

Mentre la giustizia va avanti, chi resta deve fare i conti con il dolore: "Ancora non posso neanche dare a mio figlio il cognome del mio compagno, l’iter è lunghissimo e per adesso mi è costato diecimila euro. Ma cosa dovrei fare? Fingere che il mio compagno non sia mai esistito?", commenta Paola.

Anche i feriti aspettano giustizia: tra loro, il 26enne (assistito dall’avvocato Antonio Petroncini) a cui crollò addosso il muro del capannone adibito a magazzino, facendolo finire in Rianimazione.