Verona, 7 giugno 2023 – Pestaggi e torture in questura a Verona. Col marcio che viene alla luce grazie alla magistratura e alla stessa polizia. Finiscono agli arresti in cinque (un ispettore e quattro agenti), ora tutti ai domiciliari dopo il trasferimento preventivo ad altri incarichi in seguito all’apertura delle indagini. Ma altri 23 agenti del reparto mobile vengono spostati: con ogni probabilità per aver visto, tollerato o non denunciato condotte inqualificabili. Le vittime? Stranieri e clochard oggetto di bastonature e sevizie. Picchiati, insultati, accecati con spray al peperoncino, addirittura utilizzati (in un caso) come mocio da pavimento sulla propria urina secondo la ricostruzione del gip. Almeno sette gli episodi accertati.
L’indagine senza sconti, durata otto mesi e scattata casualmente dall’ascolto di un’intercettazione per un altro caso, consegna la questura di Verona al giudizio dei cittadini. "Ringrazio la procura di Verona per la fiducia accordata nel delegare alla squadra mobile le indagini – aggiunge il capo della Polizia Vittorio Pisani –. La levatura morale della nostra amministrazione ci consente di affrontare questo momento con la dignità e la compostezza di sempre". E servono entrambe, perché il quadro sottoscritto dal gip Livia Magri è di insopportabile amoralità e violenza.
In uno degli episodi citati, due poliziotti non solo avrebbero picchiato una persona sottoposta a identificazione, ma l’avrebbero anche costretta a urinare nella stanza dei fermati, per poi spingerla in un angolo facendola cadere a terra e infine usandola "come uno straccio per pulire il pavimento". In un altro caso, un agente avrebbe schiaffeggiato un fermato in modo così "vigoroso da fargli perdere i sensi per alcuni minuti".
Le intercettazioni sono devastanti e raccontano tutta la follia dei pestaggi. Frasi così: "Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom", è il racconto fatto da uno degli agenti (alla propria ragazza) sul trattamento al fermato di turno lontano dai sistemi di videosorveglianza. "E io ridevo come un pazzo", prosegue l’agente.
Oppure altre botte sempre nel famigerato tunnel: "Ho caricato una stecca amò, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra". Un "modus operandi consolidato", scrive il gip. In particolare ad opera di un poliziotto protagonista "di reati assai gravi", "torturando con sadico godimento, in più occasioni e in un arco temporale del tutto contenuto, diverse persone private della loro libertà personale anche semplicemente per l’identificazione, in totale assenza di necessità e con crudeltà". Ma a picchiare erano tutti.
Oltre alla tortura, ai cinque sono ora contestati, a diverso titolo, anche i reati di lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Il gip sottolinea come gli arrestati "abbiano tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità, offendendone la stessa dignità, creando essi stessi disordine e compromettendo la pubblica sicurezza". Poliziotti che avrebbero "commesso reati piuttosto che prevenirli", approfittando "della qualifica ricoperta" per compiere "falsi ideologici in atti pubblici con preoccupante disinvoltura".
Anche per Ignazio La Russa, presidente del Senato, il caso è "preoccupante": se gli agenti hanno sbagliato, "è giusto che paghino". "Atti terribili e intollerabili, ancor più odiosi se aggravati da odio razzista", paventa la segretaria del Pd Elly Schlein. "Di fronte a tutto questo non regge la retorica delle mele marce: è ora di guardare nel cesto e capire quali problemi ci sono perché evidentemente ce ne sono", sottolinea il segretario di +Europa Riccardo Magi. Ilaria Cucchi, senatrice di Alleanza Verdi Sinistra e sorella di Stefano, ucciso dalle botte dei Carabinieri nell’ottobre 2009, rilancia la sua storica battaglia: "È assolutamente necessario introdurre nella nostra normativa il codice identificativo per il personale delle forze di polizia e le body cam da apporre sui caschi o sulle divise degli agenti".