di Giulia Prosperetti
"Secondo i dati che abbiamo, sono in aumento gli incidenti che riguardano gli stagisti. Per molte imprese è diventata quasi un’abitudine ricorrere a queste figure, abusandone se non addirittura sfruttandole, per risparmiare sul costo del lavoro". È un quadro allarmante quello tracciato dal direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, Bruno Giordano, all’indomani della morte del diciottenne Lorenzo Parelli, schiacciato da una putrella l’ultimo giorno del suo apprendistato presso l’azienda metalmeccanica Burimec di Lauzacco, in provincia di Udine. Per evitare tragedie simili, afferma Giordano, "aumentare i controlli non basta, serve un’etica dell’impresa che rispetti la dignità e i diritti dei giovani e di tutti i lavoratori, ed è necessaria un’adeguata formazione".
Un fattore di rischio è, infatti, rappresentato dall’assegnare ai giovani tirocinanti delle mansioni non adatte alle loro capacità, per le quali non sono stati adeguatamente formati. "Essendo inesperti, questi ragazzi devono essere formati e informati sui rischi che ci sono nel luogo di lavoro – evidenzia il direttore dell’Inl –. Proprio perché non hanno esperienza, dimestichezza e conoscenza delle task lavorative devono essere destinatari di una formazione maggiore, più specifica e mirata". Nulla che non sia già previsto dalla normativa in vigore per le diverse tipologie di formazione professionale.
Normativa che, tuttavia, in molti casi viene disattesa. "Coloro che fanno alternanza scuola-lavoro, tirocini e stage, anche volontari, – spiega Giordano – sono sottoposti alle medesime norme di prevenzione e sicurezza degli altri lavoratori. Nella tutela dei lavoratori non c’è differenza. Non occorre rivedere le norme, basta applicarle. Queste cose succedono perché vengono violate le normative".
Per la sottosegretaria al Lavoro e alle politiche sociali, Rossella Accoto, "gli stage devono essere un’esperienza commisurata alla giovane età dei ragazzi" ed è dovere delle istituzioni "far applicare le norme con controlli puntuali per far sì che tutti i percorsi di alternanza scuola lavoro, gli stage e i praticantati siano svolti rispettando standard di sicurezza estremamente severi". Sebbene l’apprendistato effettuato dal giovane friulano nell’ambito di un Centro di formazione professionale (Cfp), sia un percorso diverso rispetto all’alternanza scuola-lavoro, la polemica innescata dal caso di Udine ha investito anche la scuola, aprendo una riflessione sui ‘Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento’ (Pcto).
L’Unione degli Studenti ha chiesto "l’introduzione di uno statuto degli studenti in Pcto, che tuteli i reali obiettivi formativi, e la necessità di corsi di sicurezza sul lavoro e la sicurezza a scuola". Richiesta, quest’ultima, ritenuta "fondamentale" anche dalla sottosegretaria Accoto. Duri gli attacchi da parte dei sindacati. "Non possiamo pensare di esporre i nostri studenti allo sfruttamento, o peggio a incidenti" tuona la Gilda insegnanti.
"L’alternanza scuola-lavoro va rivista, dando centralità al ruolo della scuola e alla conoscenza dei diritti dentro i luoghi di lavoro" affermano Fiom e Cgil. Il mondo della scuola, tuttavia, sostiene compatto i Pcto e il ministero – secondo quanto si apprende – non è intenzionato a rivedere nuovamente le norme per l’alternanza scuola-lavoro. Una linea condivisa anche dai presidi. "Gli standard di sicurezza – spiega Antonello Giannelli, presidente nazionale Anp – sono molto elevati e ci sono tutor che seguono gli studenti. Le aziende non adibiscono certo i ragazzi ad attività pericolose. In Italia sono coinvolti nell’alternanza un milione e mezzo di ragazzi all’anno, dalla legge 107 del 2015 sono passati più di sei anni e non mi risulta che si siano verificati episodi gravi. Sbagliano coloro che la vedono come inquadrata in un percorso lavorativo, serve ai ragazzi per crescere e per avere un’esperienza di alto valore formativo".