Venerdì 28 Febbraio 2025
CHIARA GABRIELLI
CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Testa bassa e velo, Nazia in aula: "Sono una madre innocente"

Per la prima volta rivede il marito Shabbar Abbas. Ma i due non si scambiano neanche uno sguardo

Shabbar Abbas,. padre di Saman, è arrivato in tribunale coperto da un cappuccio

Shabbar Abbas,. padre di Saman, è arrivato in tribunale coperto da un cappuccio

BolognaEntra nel cortile a testa bassa, il volto coperto con la mascherina chirurgica, addosso la tunica tradizionale, scura con motivi floreali: sulla scalinata affretta il passo, non guarda nemmeno davanti a sé, lasciandosi guidare dalle guardie. Per la prima volta Nazia Shaheen, madre di Saman Abbas, la 18enne di origine pakistana uccisa a Novellara (Reggio Emilia) nel 2021 e sepolta in un casolare vicino casa, compare in tribunale per l’apertura del processo d’Appello a Bologna, dopo la lunga latitanza durata fino all’agosto scorso. E, per la prima volta, rivede il marito Shabbar Abbas. Entrambi sono stati condannati all’ergastolo per l’omicidio della figlia. Non un gesto o una parola verso il marito, neppure quando lui entra in aula, pochi minuti dopo di lei, con il capo coperto dal cappuccio di un giaccone verde. Resta china per tutto il tempo, il volto spesso nascosto tra le mani. Un guscio chiuso su se stesso. Dopo otto ore così, a un tratto, attorno alle 17 – durante una pausa dovuta al ritiro della Corte –, dalla ‘gabbia’ chiama a sé l’interprete: una discussione che dura diversi minuti, a cui partecipa poi anche il suo avvocato, Simone Servillo. "Io sono innocente, sono una mamma che non ha ucciso", confida in un sussurro, e sarebbe pronta a dirlo ad alta voce in aula e poi, forse, anche davanti ai media. Un gesto inaspettato, considerando che, poco prima, il marito ha annunciato tramite il suo avvocato Sheila Foti di voler rendere dichiarazioni spontanee in una delle prossime udienze, mentre la moglie si è detta indecisa sul da farsi.

Durante la lunghissima udienza la madre di Saman resta sempre incurvata, sembra sofferente, pure zoppicante nelle poche volte in cui si deve alzare. I suoi occhi non incrociano quelli del marito. Una distanza molto forte, quella che pone tra sé e i parenti: nella mattinata, chiede anche di avere un interprete personale per il processo. Richiesta negata dalla Corte. L’interprete sarà unico e i familiari si vedono quindi ‘costretti’ a sedersi tutti vicini. Sono a un metro di distanza o poco più, ma tra lei e Shabbar nemmeno uno scambio di battute, non un saluto. Il presidente della Corte di Assise di Appello, Domenico Stigliano, chiede infatti ai cinque imputati se comprendono bene la lingua italiana: a risposta negativa, assegna l’interprete. A quel punto però la madre Nazia Shaheen, il padre Shabbar Abbas e lo zio Danish Hasnain, detenuti, sono stati fatti sedere in un’unica gabbia (mentre fino a quel momento lei stava da sola in una delle due presenti nell’aula Bachelet). Però c’è il problema dei due cugini di Saman, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, assolti in primo grado e a piede libero. Dato che il difensore di Ikram Ijaz, avvocata Mariagrazia Petrelli, non dà il consenso a far posizionare il proprio assistito all’interno della gabbia, si siedono tutti e cinque vicini fuori, tra i banchi. "Non devono interloquire tra loro e devono capire tutto quello che succede", la raccomandazione di Stigliano all’interprete.

Non c’è pericolo, comunque, che parlino tra loro: Nazia non alza nemmeno la testa, per ore e ore. Ma la sua figura silenziosa è quella che fa più rumore nell’aula, "la sua presenza è la vera novità", è l’elemento "dirompente del processo", nota a margine dell’udienza anche l’avvocato Liborio Cataliotti, difensore di Danish Hasnain, zio della 18enne uccisa e condannato a 14 anni in primo grado. "La variabile impazzita" del processo di secondo grado sull’omicidio di Saman Abbas "sono le dichiarazioni degli imputati". Ma Shabbar Abbas in primo grado ha già parlato. Ora tocca alla madre.