Firenze, 9 maggio 2017 - Sfiora la testa della pecorella con le dita e ride Ginevra, confermando alla mamma: «Da grande curerò gli animali». «Il nostro cruccio è sapere quanto questo sogno sia più grande di lei», sospira Barbara Buonsanto accarezzando con gli occhi la sua bambina, quasi 7 anni «trascorsi strappando ogni singolo giorno alla Smard1».
Di cosa si tratta?
«Gingi aveva 4 mesi quando le hanno diagnosticato l’atrofia muscolare spinale con distress respiratorio, rarissima malattia genetica che in Italia colpisce meno di 10 persone, 200 a livello mondiale. A questa tenera età ho già dovuto spiegarle perché lei non riesca a camminare e come mai un semplice raffreddore possa mettere a repentaglio la sua vita».
Compito non facile.
«Tutt’altro, ma abbiamo sempre cercato di essere sinceri: ‘Non ti ho mai promesso una cura, io e il tuo babbo non facciamo promesse che non possiamo mantenere, ma lotteremo fino al nostro ultimo respiro per mantenere viva la speranza’, le ripetiamo quando ci domanda: ‘Perché non sono bella come le altre bambine?’ o ‘Potrò mai correre come loro?’. Con Stefano, mio marito, ci guardiamo, abbiamo imparato a vivere non alla giornata, lo facciamo al minuto. Ma certe cattiverie non ci aiutano».
Cos’è successo, Barbara?
«Non è piacevole sentirsi dire come per certe persone un topo o un maiale siano più importanti di Ginevra».
A cosa si riferisce?
«Tempo fa invitai via social la senatrice Paola Taverna, che aveva postato sul suo profilo Facebook un commento entusiastico riguardo la firma del governo contro la sperimentazione animale, a venire a conoscere nostra figlia, per rendersi conto. Se Gingi è ancora in vita, se noi e migliaia di famiglie continuiamo ad aggrapparci a una speranza, è per i passi avanti fatti dalla ricerca grazie (anche e soprattutto) alla sperimentazione sui topi. Se da parte sua non è arrivata risposta, molti altri hanno pensato di farlo, e in modo pesantissimo».
Vuol dire che vi hanno insultate?
«Insultate è dire poco: c’è chi ha ‘suggerito’ cure alternative per Ginevra, chi è arrivato a dirmi che sarebbe stato meglio se avessi abortito e chi ha dichiarato che mia figlia non dovrebbe vivere, perché è un rifiuto, un catorcio».
Lei cos’ha risposto?
«Sono passata dal dolore alla rabbia, fino alla consapevolezza: è inutile replicare, tanto non capirebbero. Non si può parlare con chi ti dice che la tua bambina è malata (malattia genetica) perché le hai fatto mangiare carne, né rispondere a chi ti consiglia l’eutanasia. Sono persone senza cuore, e non so nemmeno quanto realmente amino gli animali. Vorrei ricordare loro che anche i nostri amici a quattro zampe hanno bisogno di cure e che i farmaci, anche quelli veterinari, provengono dalla sperimentazione animale. Ma c’è una cosa che mi preoccupa di più».
Sarebbe?
«Se continuano su questa strada la ricerca in Italia potrebbe avere gravi ripercussioni. Non solo per Ginevra, probabilmente lei arriverà solo a vedere la cura, non riuscirà a beneficiarne. Remare contro la ricerca significa negare ogni speranza a tanti esseri umani pieni di sentimenti, sogni e bisogni. Persone indifese: uomini, donne e bambini, non animali».
Tanta amarezza: eppure in casa vostra non mancano i sorrisi.
«Nemmeno qualche lacrima (sorride, ndr) . Diciamo che da quando abbiamo iniziato veramente a conoscere la Smard1, 4 anni fa, sono cambiate tante cose, ma la volontà di combattere la malattia, quella c’è sempre».
Cosa si augura per il futuro?
«Io sono infermiera, abito a Vicchio del Mugello con Stefano e il nostro tesoro: Ginevra, una creatura speciale, ironica e sveglia. Ora è diventata testimonial Telethon. Fino ai due anni ha gattonato, respirava da sola; poi un volvolo gastrico e... il peggioramento è stato repentino. Adesso lo stato di salute di mia figlia è in fase di stallo, convive con la mascherina per respirare e presto, temo, arriveremo alla tracheotomia. Ma lei è una lottatrice. Frequenta la scuola a tempo pieno, va alle gite e fa progetti, nonostante i limiti imposti dalla malattia, la fisioterapia quotidiana, i viaggi a Milano, dove è in cura al centro clinico Nemo. La mia speranza è che il mondo la ami. Almeno quanto ama gli animali».