Venerdì 15 Novembre 2024

Terrorismo: fu arrestato a Reggio. Daki torna nella lista nera su decisione degli Usa

Abitava in via Melato. Era stato depennato dall’Onu

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Reggio Emilia, 22 gennaio 2015 -Tra i sessanta islamici «italiani» appena inseriti nella lista nera degli Usa figura Mohamed Daki, l’ingegnere marocchino di 50 anni che abitò a Reggio in un appartamento di via Melato 11. I sessanta vengono presentati come «terroristi globali» nell’ultimo elenco diffuso da Washington il 16 gennaio per bloccare il finanziamento agli estremisti. Daki vive in Marocco: dieci anni fa fu espulso dal ministero dell’Interno dopo essere stato assolto dall’accusa di partecipazione ad associazione sovversiva con finalità di terrorismo (difeso dall’avvocato Vainer Burani): la famosa sentenza del gup Clementina Morleo che distingueva tra terroristi e guerriglieri. Daki fu condannato a un anno e 10 mesi per ricettazione di documenti falsi (e in appello assolto anche da questa imputazione). Dopo la custodia cautelare, tornò a Reggio, seguito costantenemente da un agente della Digos e di qui, per la decisione del Viminale, imbarcato su un aereo e rimandato a Casablanca.

L’INSERIMENTO di Daki nella «black list» Usa, però, sembra contrastare con quanto stabilito oltre un anno fa dalle Nazioni Unite. Il comitato sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu - la decisione venne diffusa sul web - aveva depennato il nome del magrebino dalla lista degli individui soggetti a sanzioni contro Al Qaeda. Gli erano così stati revocati il blocco dei beni patrimoniali, il divieto di viaggiare e l’embargo sulle armi scattati a causa dell’inserimento nella lista nera Onu il 12 novembre 2003. Quell’anno si era scoperto che a Reggio Daki aveva ospitato per due notti nel suo alloggio di via Melato un somalo ritenuto personaggio di spicco di Ansar El Islam. Daki venne arrestato come fiancheggiatore.

ADESSO, dopo i fatti di Parigi, la nuova lista nera. A diffonderla, il dipartimento del tesoro degli Usa (link: www.treasury.gov/ofac/downloads/t11sdn.pdf). Per l’accusa di 12 anni fa, Daki avrebbe organizzato, in Italia con altri ‘fratelli’, una cellula inserita in una organizzazione terroristica il cui leader riconosciuto era Abu Mussab al Zarkqawi. Il gruppo, per gli inquirenti, procacciava documenti falsi per l’organizzazione, reclutava islamici da inviare nei campi di addestramento in Iraq (quelli di Ansar Al Islam), e raccoglieva finanziamenti per la causa. Nell’ordine di custodia si citava Daki anche come persona già in contatto con Ramzi Binalshibh, ritenuto il pianificatore degli attentati dell’11 settembre, e con il kamikaze delle torri gemelle Mohamed Atta: frequentavano la stessa università ad Amburgo. Ma Daki - interrogato in procura a Milano, presente l’avvocato Burani, da funzionari dell’antiterrorismo tedesco e Usa - ha sempre negato quei legami. Rispondeva: «Chiedete al mio avvocato».