Lunedì 23 Dicembre 2024
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

Terremoto in Croazia: morti e devastazione. E poche ore dopo trema anche il Veronese

Bambini tra le vittime. Il centro ricerche sismologiche: "È prematuro dire che esista una correlazione diretta tra i due eventi"

Una scossa di terremoto, di magnitudo 6.4, ha colpito ieri la Croazia facendo tremare anche il nord-est dell’Italia e l’Adriatico, da Trieste fino a Napoli. Lasciando morte e devastazione: il centro della piccola città di Petrinja, 20mila abitanti a circa 50 chilometri da Zagabria, è distrutto e si scava sotto le macerie. In serata i primi dati parlavano di almeno 7 morti e tantissimi feriti, alcuni molto gravi. E tra loro anche delle giovanissime vite, come una ragazzina di 12 anni. Tantissimi i crolli di case e edifici – tra cui l’ospedale locale ed un asilo – in particolare nel centro della cittadina, trasformata in pochi secondi in un cumulo di macerie. La regione già lunedì era stata interessata da forti scosse sismiche, tutte intorno ad una magnitudo 5, ma quella registrata dai sismografi ieri alle 12.19 ha scatenato tutta la sua forza devastatrice. Facendosi sentire anche in molti altri Paesi della regione, compresa l’Italia. Poche ore dopo, alle 14.02, ha cominciato a tremare la terra nel Veronese, la scossa più forte di intensità 4.4 è stata registrata dall’Ingv a Salizzole alle 15.37 e a una profondità di 9 chilometri. Il traffico ferroviario è stato sospeso, poi è ripreso in serata. Intanto in Croazia per tutto il giorno le squadre dei soccorritori hanno continuato a scavare tra le macerie dei palazzi crollati o semi-distrutti alla ricerca di supersititi. I servizi di erogazione dell’energia elettrica hanno subìto diffuse interruzioni e anche le linee telefoniche sono andate in tilt. «La mia città è stata completamente distrutta. Abbiamo bambini morti», ha detto il sindaco di Petrinja, Darinko Dumbovic. «È come Hiroshima: metà della città non esiste più», ha aggiunto. In Slovenia in via precauzionale è stata sospesa l’attività della centrale nucleare di Krsko.

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Stefano Parolai, 52 anni, direttore del centro ricerche sismologiche dell’Ogs di Trieste, l’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale. Cosa sta succedendo?

"Intanto il terremoto in Croazia di magnitudo 6.4 è avvenuto in un’area riconosciuta come sismica che ha dato anche eventi importanti in passato".

Nell’ultimo anno: Albania, Grecia, Turchia.

"Qui siamo molto più a nord. Il collegamento è sicuramente la struttura tettonica dell’area mediterranea, altro non si può dire. Sono tutti eventi che avvengono in zone di contatto tra le placche. Però non possiamo affermare che ci sia un rapporto di causa ed effetto".

Ma possiamo dire che il terremoto croato ha provocato quello veronese?

"È prematuro arrivare a una conclusione. Anche quest’area è sismica. Sappiamo che in passato ci sono stati eventi forti. In questo momento non possiamo dire che esista una correlazione diretta".

Fate monitoraggio sismico nell’Italia nord orientale e collaborate con Croazia e Slovenia. I Balcani continuano a ballare. Non si può chiedere a un sismologo che cosa ci dobbiamo aspettare ma senz’altro cosa vuol dire.

"Lungo tutta l’area c’è un movimento continuo delle placche tettoniche. Lo stress viene accumulato e poi rilasciato nel tempo anche attraverso i terremoti".

Geologicamente la Croazia e il Veronese sono due strutture diverse?

"Sicuramente si trovano in zone diverse anche dal punto di vista tettonico, e non è esattamente lo stesso il meccanismo che determina la rottura del terremoto".

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La placca Adriatica interessa anche il Veronese?

"Lo riguarda per la sua interazione con la placca Euroasiatica, nell’area alpina. Il sistema è tuttavia molto complesso. Diciamo che tutta l’area mediterranea è fatta di diverse placche con una dinamica complicata, l’interazione genera sismicità".

I fronti aperti sono tanti.

"Ci troviamo in una situazione tettonica molto complessa, che passa dalla zona appenninica, a quella alpina e a quella balcanica. Tutte sono collegate tra loro. Però con situazioni non semplici".

Guardando al passato italiano: Assisi e Colfiorito nel 1997, L’Aquila nel 2009, in mezzo mancavano Amatrice e Norcia che sono arrivate nel 2016. Quindi i buchi vengono sempre riempiti, prima o poi?

"Basta guardare le mappe della pericolosità sismica, che sono costruite tenendo conto anche delle conoscenze del passato".

Serve uno studio di lungo periodo.

"Per i Balcani pensiamo a Zagabria 1880, di magnitudo 6.3. Non possiamo dire esattamente quando e dove accadano i terremoti. Ma sappiamo che questi eventi possono ripetersi".