Napoli, 10 settembre 2023 – ”L’allarme nei Campi Flegrei suona con forza da molti anni, almeno dal 2010, quando è iniziato un fenomeno di risalita del suolo che è andato via via accelerando. E più i terremoti vengono sentiti dalla popolazione, più questo stato di allerta cresce". A parlare è Jacopo Selva, 45 anni, docente di Sismologia e pericolosità sismica e di Pericolosità vulcanica all’Università Federico II di Napoli, un vero esperto per una delle aree più pericolose al mondo.
I Campi Flegrei, a differenza del Vesuvio che è formato da un cono unico e visibile, sono una vasta area di origine vulcanica, fatta di colline, pianure e mare, in cui non si ha un’immediata percezione del rischio tant’è che abitano lì intorno circa 500mila persone.
Professor Selva quali sono le cause di questa emergenza?
"Possono essere diverse: un disequilibrio del sistema idrotermale profondo della caldera (ampia depressione di origine vulcanica, ndr) o anche una ricarica a 3-4 km di profondità di piccole quantità di magma dal sistema magmatico profondo. I Campi Flegrei sono aree vulcaniche e queste dinamiche sono normali. Ma questo suo comportamento recente non significa che debba portare necessariamente verso un’eruzione".
Giorni fa c’è stato un terremoto di magnitudo 3,8 scala Richter, che ha atterrito la popolazione. Ci dobbiamo preparare a un bis o addirittura a qualcosa di più catastrofico?
"Previsioni di lungo termine è difficile farne. La sola cosa che mi sento di dire è la seguente: è molto improbabile che questa crisi improvvisamente si fermi e scompaia. La dinamica attuale, che non è distruttiva, continuerà ad andare avanti e ci saranno altri terremoti. Già nella crisi degli anni Ottanta ci furono terremoti più forti, di magnitudo 4.2 gradi della scala Richter, registratI nel 1984".
A metà degli anni Ottanta, una parte della popolazione lasciò i Campi Flegrei. Succederà la stessa cosa anche con questa crisi?
"In questo momento i Campi Flegrei sono in uno stato di allerta scientifica, per valutare dinamicamente quello che succede. Non credo che l’evacuazione della popolazione sia all’ordine del giorno".
In queste ore molti si chiedono: terremoti ai Campi Flegrei, nelle Marche e ora a Marrakech. C’è un filo rosso che li tiene insieme?
"No, sono fenomeni assolutamente separati. Le cose che li accomunano è che si tratta sempre di fenomeni di geofisica".
Nel Campi Flegrei un piano di evacuazione esiste, ma l’impressione è che ci credano in pochi, che soprattutto a livello locale si continui a giocare con il fuoco.
"I piani ci sono, sono stati studiati e approfonditi. Ma credo che questa crisi serva a migliorarli e ad aumentare la consapevolezza delle persone nel capire che vivono in un’area a rischio".
Molti dicono che l’imminenza di un’eruzione si misuri dal fatto che il magma sia vicino alla crosta superficiale. A che punto siamo nei Campi Flegrei?
"Le evoluzioni eruttive sono molto complesse, soprattutto in sistemi come le caldere. È chiaro che per eruttare è necessaria una dinamica magmatica superficiale. Non siamo ancora a quel punto, non abbiamo rilevato magma negli strati più superficiali. Certamente però qualcosa sta succedendo".
Cioè, cosa dobbiamo aspettarci?
"Questo andamento è diverso da quella degli anni Ottanta, in quegli anni ci furono crisi veloci con forte deformazione del suolo, adesso avviene tutto più lentamente, con una dinamica di aumento graduale".
Ci faccia l’ipotesi peggiore?
"L’abbiamo tutti in testa, è l’eruzione. È quello che fanno i vulcani. Ma allo stato di conoscenza attuale non sembra essere nel nostro immediato orizzonte".