di Viviana
Ponchia
Quando gli italiani hanno cominciato a infilarsi e a farsi infilare bastoncini nel naso la luce in fondo al tunnel era un miraggio. Solo un anno fa eravamo pronti a scommettere che il tampone avrebbe fatto per sempre parte della nostra vita, come la mascherina e il saturimetro. E forse avevamo ragione. Sono tutti ancora fra noi, uno in particolare. L’aggeggio per misurare l’emoglobina nel sangue giace in qualche cassetto ma è pronto a rivendicare la propria insostituibile funzione al primo fiato corto. Il bavaglio circola ancora e pure nella variante doppia, che prevede la sovrapposizione di pezzuole di colori diversi e spesso induce a dare spiegazioni bizzarre: una è per il Covid, l’altra per l’influenza normale (sentito qualche giorno fa).
Ma il tampone? Che senso ha insistere dopo le aperture del ministro della Salute Orazio Schillaci che lima la quarantena e punta ad abolire l’esame di riammissione in società? "Farlo prima di incontrare parenti anziani per le feste di Natale ha sicuramente senso", avverte Walter Ricciardi, già consulente di Roberto Speranza e nome di riferimento durante la pandemia. Fu lui a dire qualche mese fa: "Ogni strategia non incentrata a combattere questo virus è destinata a procurarci problemi seri". E oggi, quando a qualcuno i problemi seri sembrano altri, ribadisce: "In questa fase la risposta è individuale ed è utile cautelarsi. Bisogna sapere se si è infetti, soprattutto se si vanno a trovare persone fragili per età e patologia o perché non vaccinate. La responsabilità di proteggersi ora è affidata ai singoli individui".
Responsabilità. Parola che i virologi continuano a ripetere. Ma che poi rischia di accompagnarsi al senso di colpa. Se hai il Covid e non lo sai, lo attacchi alla zia e poi la zia muore, dovrai vedertela con la tua coscienza: tampone sì, tampone no. Non imposto, solo raccomandato. Che è peggio, perché sottrarsi all’invito implica una presa di posizione morale troppo impegnativa. Pensavamo di avere archiviato tutto, probabilmente è così. Ma quel senso di colpa si materializza. Anche se non ci sono più imposizioni (o meglio raccomandazioni) sul numero di convitati. E nemmeno sulla disposizione a tavola col rispetto della giusta distanza (che, vi ricordate?, sarebbe di almeno un metro), ma poi chi li ha tavoli così extralarge. Non siamo mica al ristorante. E poi c’è anche il partito del falso responso per sottrarsi alla reunion di famiglia, quelli del raffreddorino ("e allora è meglio che non venga"): il massimo della meschinità che però va per la maggiore fra chi odia le feste.
E allora sai cosa? Sto benissimo ma vado a verificare (per scrupolo) con Vittoria che ha la mano leggera. Vittoria è una mitica farmacista torinese. Nei giorni roventi della pandemia passava le giornate chiusa in un gazebo fuori dal negozio a scavare dentro ai nasi, accettava prenotazioni da una settimana all’altra, raddrizzava la coda della gente in attesa. Lo scorso inverno, quando solo a gennaio nelle farmacie italiane erano stati spesi 58 milioni di euro in tamponi, si batteva con coraggio sulla trincea Omicron. Lei fuori a scavare, le colleghe dentro a fatturare con termometri, probiotici immunostimolanti e vitamine (che nel 2021 hanno portato al settore ricavi per 2,3 miliardi). Oggi Vittoria sta anche lei dietro al bancone a consigliare echinacea e astragalo per le difese immunitarie e dice che è finita: "Abbiamo smesso, ma se non ti fidi a farlo da sola ti aiuto".
Di nuovo? Come tanti, non posso dimenticare il mio primo tampone autogestito, acquistato al supermercato a 7 euro con il sospetto che fosse una brutta copia taroccata di quelli "ufficiali" venduti al doppio. Quei dubbi. Quanto a fondo andare? Qual è la distanza fra l’ultima curva del naso e il cervello? E basterà una goccia, potrò contare sul risultato? Due tacche, positiva al primo colpo. Fu un brutto momento. L’ispezione venne ripetuta molte altre volte con risultati migliori, per compulsione o perché il prezzo del kit era sceso a tre euro. Poi è scesa la nebbia. Un clic ha addirittura cancellato il Green pass dal cellulare.
Ma se voglio andare a mangiare il panettone senza attentare alla vita di nessuno devo rifarlo, anche se non ho nulla, non emetto per sbaglio nemmeno un semplice starnuto? La commessa del supermercato dice che da loro le scorte sono finite e nessuno pensa di rimpiazzarle. Consiglia la farmacia.