Giovedì 9 Gennaio 2025
GIULIA PROSPERETTI
Cronaca

Tagli alle università: proteste contro la riforma Bernini

Gli atenei italiani in rivolta per le riduzioni previste dal Governo, simbolo del malcontento le proteste degli studenti

Gli atenei italiani in rivolta per i tagli previsti dal governo, simbolo del malcontento le proteste degli studenti.

Gli atenei italiani in rivolta per i tagli previsti dal governo, simbolo del malcontento le proteste degli studenti.

Università sul piede di guerra di fronte ai tagli previsti dal governo. La sforbiciata alle risorse rischia di mettere a dura prova gli atenei statali italiani. Simbolo del malumore diffuso, dopo settimane di agitazione caratterizzate da scioperi e manifestazioni, è l’immagine degli studenti sul tetto della facoltà di Lettere della Sapienza in protesta, giorni fa, contro "tagli e riforma Bernini".

A fare i conti sono 122 Società scientifiche in un documento contro la riduzione delle risorse all’università: "Oltre ai 500 milioni di euro complessivi già previsti, il governo taglierà ancora nella prossima legge di bilancio più di 200 milioni ogni anno dal 2025 al 2027". Nel dettaglio, a settembre, per il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), dal quale dipendono in gran parte il pagamento degli stipendi e delle spese di funzionamento delle università, sono stati stanziati 9,03 miliardi, 173 milioni in meno rispetto al 2023 con una riduzione pari all’1,85%. Cifra che – sottolinea il ministero dell’Università e della Ricerca – rimane, comunque, superiore del 21% rispetto ai 7 miliardi e 450 milioni di euro degli stanziamenti pre Covid. Ma a pesare sulle università è anche la non assegnazione delle coperture aggiuntive per i 340 milioni previsti dal piano per i docenti associati.

Stando alle tabelle di assegnazione dei fondi agli atenei statali, quasi tutti hanno subito riduzioni. Solo sei università Ferrara, Foggia, Modena-Reggio Emilia, Napoli Parthenope, Padova e Tuscia – hanno, infatti, visto immutato l’ammontare totale del Ffo a loro destinato. Dalla ripartizione risultano più svantaggiate l’università di Macerata (-3,21%), lo Iuav di Venezia (-3,20%) e, in ultima posizione, Napoli L’Orientale insieme a Urbino Carlo Bo (-3,19%). Una distribuzione delle risorse, che alimenta maggiori disparità tra grandi atenei – con in testa la Sapienza di Roma (530,7 milioni dal Ffo), Alma Mater di Bologna (444,8), e Napoli Federico II (403,6) – e atenei ‘periferici’.

Si inserisce in tale quadro l’adeguamento Istat degli stipendi per i docenti universitari (+4,8% a parziale recupero dell’inflazione), introdotto ad agosto. Senza stanziamenti aggiuntivi nell’Ffo 2024 le università per far fronte agli aumenti dovranno utilizzare le risorse che il precedente governo aveva assegnato per i piani straordinari di reclutamento, una parte di fondi vincolati alla ricerca e i residui degli accordi di programma per l’edilizia universitaria. Una preoccupazione definita "giusta" dalla stessa ministra dell’Università e Ricerca, Anna Maria Bernini che ha posto il tema sul tavolo del ministro dell’Economia Giorgetti.

Peggiorano le prospettive per i ricercatori precari. Oggi circa il 40% del personale docente e di ricerca è costituito dagli oltre 20 mila assegnisti di ricerca e 9 mila ricercatori a tempo determinato di tipo A. Nei prossimi tre anni intorno al 10% dei professori ordinari e associati andrà in pensione. Ma arriva il blocco del turnover al 75% della spesa precedente.

Il destino è definito dal disegno di legge per il Reclutamento. Il testo prevede la moltiplicazione di posizioni preruolo, per neolaureati magistrali (‘assistenti di ricerca junior’), neodottorati (‘assistenti di ricerca senior’), giovani ricercatori (‘contrattisti post-doc’, oltre agli attuali RTT), mentre resta congelato il ‘contratto di ricerca’ che, a fronte di rigidi incarichi biennali, offriva tutele e remunerazioni maggiori. Si apre, inoltre, la possibilità di avere come docenti ‘professori aggiunti’ esterni incaricati direttamente dai rettori.