Milano, 9 novembre 2024 – "Non si è uccisa”. Ne sono convinte la madre e la sorella di Larimar Annaloro, la 15enne che è stata trovata impiccata nell’abitazione di Piazza Armerina, nell’Ennese, il 6 novembre dopo essere uscita prima da scuola a causa, secondo testimoni, di una lite con alcuni compagni. La procura per i minori di Caltanissetta, dopo avere disposto il sequestro della salma, ha fissato l’autopsia per il 13 novembre. L’invio degli atti alla procura minorile che indaga per istigazione al suicidio, in riferimento a possibili ipotesi di revenge porn e bullismo, potrebbe significare l’intenzione dei magistrati di verificare un ruolo dei coetanei della ragazza nella vicenda. Si cercano conferme in chat e video. La 15enne, dopo un pesante litigio a scuola, aveva chiamato i genitori, dicendo di sentirsi male. I familiari l’avevano portata a casa e la madre si era assentata per 40 minuti facendo la tragica scoperta al suo ritorno. Adesso la sorella e la madre, sostengono che non riescono a spiegarsi come abbia fatto a impiccarsi in un lasso di tempo tanto breve, durante il quale avrebbe rovistato in camera sua, trovata a soqquadro, poi sarebbe uscita in giardino, avrebbe sciolto la corda di un’altalena con la quale avrebbe realizzato un cappio utilizzato per impiccarsi a un albero.
C’era una volta il «ti spacco la faccia» minacciato a metri di stanza. E finiva lì. Oggi una ragazzina di dodici anni accoltella sul serio il compagno spione. Una quindicenne si fa trovare impiccata con la corda di un’altalena sotto l’ombra del revenge porn e la sorella insinua che no, non si è ammazzata, non l’avrebbe mai fatto. Un coetaneo a Senigallia si spara con la pistola del padre, vigile urbano, perché perseguitato dai bulli. Altri, in gruppo e armati di lame, assaltano i treni. L’insulto non basta più. Bisogna disintegrare il nemico inerme, farlo vergognare, se è il caso ucciderlo. La discesa nella barbarie raccontata giorno per giorno ricorda la storia del Signore delle mosche di William Golding, disastroso tentativo di autogovernarsi di un gruppo di ragazzini bloccati su un’isola disabitata. Letteratura. Fisiologiche beghe da cortile, chi non ci è passato?
Però c’è uno scarto che lascia senza fiato fra il dispetto che fu e la violenza di oggi di cui sono impregnati troppi giovanissimi. In Inghilterra si pensa di collocare kit di primo soccorso per le ferite da taglio nelle zone a rischio. In Svizzera nel 2023 ci sono stati 12 omicidi commessi da minori con coltelli. In Germania ipotizzano zone «knife free». E in Italia, dove si inaspriscono le pene con il dl Caivano, non stupisce più l’arroganza del bullo di periferia che irride la polizia: «Il coltello? Ci taglio la frutta».
Lo scrittore Enrico Galiano da una cattedra di scuola media registra un cambiamento su tutti: «L’altro non è più reale. Quindi non può sentire dolore. E se capita una strage familiare come quella che mi ha tolto il sonno qualche mese fa (a Paderno Dugnano, ndr), il giovane omicida confessa di essere sorpreso: non si aspettava che soffrissero così tanto».
Una generazione di solitudini sconfinate e aggressive. Ci lasci indovinare di chi è figlia.
«Questa cosa che ci è successa negli ultimi vent’anni, la rivoluzione informatica, ci ha completamente scollati dalla realtà. I giovani non sono né buoni né cattivi. Io li vedo come monadi allo sbando sotto il peso di aspettative immense. La società li vuole super performanti e molti, sentendosi inadeguati, si ribellano. Di qui la violenza, l’autolesionismo, la reclusione volontaria in un mondo virtuale. L’altro si becca una coltellata perché in fondo non esiste. Lo diceva qualcuno già ai tempi dei sassi dal cavalcavia: per chi li tirava, là sotto c’erano macchine vuote».
Per questo lei pretende che i cellulari vengano consegnati alla prima ora e ritirati all’uscita?
«Rigorosamente. Ma troppi insegnanti lasciano correre. Sto leggendo ’La Generazione Ansiosa’ di Jonathan Haidt che esplora l’impatto devastante degli smartphone e dei social sulla salute mentale dei giovanissimi. Strumenti troppo potenti consegnati troppo presto. Pericolosi come una bottiglia di whisky, come una slot machine. Il rilascio continuo di dopamina rende dipendenti, i numeri parlano chiaro: negli ultimi 15 anni i casi psichiatrici sono triplicati».
E noi qui con il dito puntato.
«Non è che siamo messi tanto meglio quanto a frustrazione. Lo vedo a scuola, dove spesso i campioni di bullismo sono gli adulti. E in una gara a chi ostenta di più si perde il punto: fra i tanti progetti contro la violenza e l’invidia sociale trascuriamo l’educazione ai sentimenti e all’empatia, che passa per contagio. Non ascoltiamo il grido di aiuto dell’anoressica, di chi si sbronza a 12 anni, del baby assassino. Ma sono il nostro specchio: tutto quello che fanno parla di noi».