Milano, 8 novembre 2024 – Per le famiglie delle vittime è “uno sfregio”, una ferita che si riapre. “Siamo rimasti sconcertati da questa notizia – spiega Nicola Perna, presidente dell’associazione Carlo La Catena, intitolata a uno dei vigili del fuoco vittime della strage mafiosa di via Palestro –. Queste persone non hanno solo ucciso ma hanno anche distrutto la vita di tante famiglie, provocando un danno che non verrà mai riparato. A quale titolo, ora, vengono premiate?”.
Rabbia e rimostranze
Una reazione alla concessione della semilibertà a Giovanni Formoso, il boss che sta scontando l’ergastolo per l’attentato del 27 luglio 1993, una delle stragi orchestrate da Cosa Nostra che insanguinarono l’Italia negli anni ’90.
Un’autobomba esplosa davanti al Padiglione d’Arte Contemporanea, in via Palestro, provocò la morte dei vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, dell’agente della polizia locale Alessandro Ferrari e di Moussafir Driss, un immigrato marocchino che dormiva su una panchina. Altre 12 persone rimasero ferite.
Il beneficio al boss
A caricare l’ordigno è stato proprio Giovanni Formoso - tra i condannati all’ergastolo per la strage - che ora ha ottenuto la semilibertà grazie alla buona condotta nel carcere di Secondigliano.
Durante il giorno lavora a Scampia, in un istituto religioso per minorenni a rischio, e di notte rientra in cella. Un percorso che, in futuro, potrebbe portare a una sua scarcerazione.
“Formoso è stato premiato con la semilibertà nonostante non abbia mai mostrato segni di pentimento – spiega la deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari, membro della commissione Antimafia –. Questo è il risultato, purtroppo prevedibile, della legge sull’ergastolo ostativo voluta dal governo Meloni, che di fatto ha reso più facile l’accesso ai benefici penitenziari per i mafiosi, anche per quelli che hanno scelto di non collaborare, disincentivando così la collaborazione con la giustizia e premiando l’omertà”.
Un beneficio, per il boss ergastolano, che ha lasciato “senza parole” i familiari delle vittime. Tra loro Nicola Perna, marito di una delle sorelle di Carlo La Catena, Raffaella, anche lei vigile del fuoco, in servizio negli uffici della Direzione regionale Campania a Napoli.
Le domande dei familiari
“Vorrei sapere come è motivato questo provvedimento – spiega – e che cosa ha fatto di buono per la società per meritarlo. Sono domande che, purtroppo, rimarranno senza risposta. È l’ennesimo frutto di un sistema giudiziario sbagliato: capisco che le carceri sono piene, ma i delinquenti in qualche modo vanno fermati e le pene devono essere anche un deterrente”.
Da quando è stata fondata dai genitori di Carlo La Catena, l’associazione sta promuovendo progetti per “la crescita e lo sviluppo del territorio attraverso il lavoro e le attività sociali”, e il prossimo 6 dicembre conferirà a Napoli le medaglie d’argento alla memoria del pompiere ucciso in via Palestro.
Per l’attentato sono stati condannati molti dei protagonisti della stagione delle stragi degli anni ‘90: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e Formoso, Matteo Messina Denaro, Vittorio Tutino, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza.
Restano i segreti sulla stagione delle bombe di Cosa Nostra, la memoria coltivata dalle famiglie delle vittime, figli che sono stati costretti a crescere senza un padre e famiglie distrutte dalla mafia.