Milano – Ore 7.57 del 14 ottobre scorso. Un mese prima, uno showroom di via Cantoni, in zona Villapizzone a Milano, è andato a fuoco, trasformandosi in una trappola mortale per tre giovanissimi cinesi che lì ci dormivano. L’ambientale piazzata dai carabinieri nell’Audi A3 del trentaquattrenne Yijie Yao, titolare di imprese edili e di un bar, ne registra il dialogo con uno dei dipendenti: “Più avanti c’è il magazzino che era stato incendiato”, introduce il discorso dal nulla. “M. è un figlio di cane. Non lo sai? Lui è molto cattivo... lui se lo è meritato”, il riferimento al padre del proprietario dell’emporio.
Per gli inquirenti, coordinati dal procuratore capo Marcello Viola e dal pm Luigi Luzi, è lui uno dei mandanti dell’incendio doloso che ha asfissiato in pochi minuti il ventiquattrenne Pan An e i fratelli Liu Yinjie e Dong Yindan di 17 e 18 anni. E proprio in quella conversazione avrebbe fornito il movente: “Lui due anni fa, dall’anno scorso, dall’estate dell’anno scorso, ha un debito di più di 40mila euro con me” legato ai lavori di ristrutturazione di un ristorante in Friuli. A sua volta, hanno ricostruito i militari guidati dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Fabio Rufino, Yao aveva un debito di 65mila euro con il connazionale quarantenne Bing Zhou, a cui non avrebbe pagato una partita di due chili di shaboo. Così i due avrebbero assoldato il ventiseienne olandese di origini nordafricane Washi Laroo, arrivato apposta dalla Zelanda (penisola dei Paesi Bassi al confine col Belgio) per minacciare M. e la moglie e dar fuoco allo showroom del figlio, così da costringere la famiglia Y. a pagare.
I due cinesi sono stati fermati a Milano (a casa di Yao sono stati sequestrati 1,3 chili di shaboo, mille pasticche di ecstasy e 45mila euro), mentre Laroo è stato arrestato in Olanda. I segugi di via Moscova sono arrivati a lui analizzando a ritroso le immagini delle telecamere e scovando il fotogramma immortalato dalla dashcam di un autobus della linea 40: un frame di pochi secondi che lo inquadra in via Sapri, a poche centinaia di metri da via Cantoni e davanti allo stabile in cui viveva da alcuni mesi Zhou. Da lì i carabinieri sono risaliti anche al datore di lavoro di Zhou, Yao, e ai suoi numeri di telefono, riscontrando centinaia di contatti telefonici con il padre del titolare dello showroom (252 tra il 22 settembre 2022 e il 16 aprile 2023). Le intercettazioni hanno definitivamente indirizzato le indagini: sia quelle in cui Yao ha vomitato tutto il suo risentimento nei confronti di chi non l’avrebbe pagato; sia quelle che hanno cristallizzato il rapporto tra i due presunti mandanti e il loro braccio operativo, soprannominato “il Pazzo”. La sera del 12 settembre, Laroo è arrivato in via Cantoni attorno alle 23 e ha usato le impalcature di un cantiere edile di fianco allo showroom per raggiungere il tetto; quindi ha aperto un lucernario, è piombato sul soppalco e ha gettato benzina vicino all’ingresso, per poi tornare sui suoi passi e sbucare nella strada parallela.
Il piano prevedeva il rientro a casa via Flixbus o con un volo da Orio al Serio, ma il ventiseienne ha cambiato programmi: quando si è accorto di aver ucciso tre persone, è subito espatriato in Spagna, restando in contatto coi due cinesi per avere informazioni sull’evoluzione dell’inchiesta. Senza perdere occasione per ridere del dolore dei familiari delle vittime: “Ehi, ho visto il telegiornale... che roba eh? Tutta questa gente a piangere... un problema loro, no?”.