di Federica Orlandi
Paolo Bellini potrebbe uccidere di nuovo. "Ho appena finito di pagare 50mila euro per fare fuori uno di voi Bonini, non si sa quale". Potrebbe colpire quindi la ex moglie Maurizia Bonini, testimone chiave nel processo sulla strage in stazione a Bologna il 2 agosto 1980 che ha portato alla condanna all’ergastolo, in primo grado, per l’ex Primula nera di Avanguardia nazionale. Oppure potrebbe agire contro il figlio del giudice che presiedeva la Corte d’assise che ha emesso la sentenza, Francesco Maria Caruso. "Starà scrivendo un poema (nelle motivazioni depositate un anno esatto dopo la condanna, emessa ad aprile 2022), una cosa apocalittica per chiudere la sua carriera: mo gliela chiudo io la carriera, ho scoperto che ha il figlio che fa il diplomatico in Brasile". Lasciando intendere di avere raccolto informazioni sul suo conto e potersi "vendicare" del padre.
Così, ieri mattina Bellini è stato prelevato dalla casa in cui stava scontando ai domiciliari una condanna definitiva e portato in carcere a Spoleto. Contestualmente la casa è stata perquisita, dalla polizia giudiziaria coordinata dalla Dda di Caltanissetta. Direzione distrettuale antimafia che, come quella di Firenze e col coordinamento della Procura nazionale antimafia, sta ora indagando sulle stragi di via D’Amelio e di via dei Georgofili, e sui legami tra Cosa nostra e l’eversione di destra. Come quelli tra Bellini e Antonino Gioè, il boss coinvolto nella strage di Capaci che conobbe il terrorista in carcere negli anni Ottanta. Nell’ambito di queste due indagini intersecate, dispositivi di intercettazione ambientale sono stati installati in casa e sull’auto di Bellini. Così, gli inquirenti l’hanno sentito pronunciare le minacciose frasi che hanno prontamente riferito alla Procura generale di Bologna – guidata dalla facente funzioni Lucia Musti –, che ha chiesto la custodia cautelare in carcere. Richiesta accolta dal presidente della Corte d’assise d’appello Orazio Pescatore.
"Bellini nel corso della sua vita e della variegata e lunga carriera criminale – scrive il giudice – ha rivelato una facilità a commettere reati anche gravissimi, con una freddezza fuori dal comune e una totale mancanza di resipiscenza che lo rendono tuttora pericoloso. Si è dimostrato di essere perfettamente capace di concretizzare tali minacce". Dunque, esiste il pericolo di reiterazione del reato per cui dovrà a breve affrontare il processo d’appello: nell’inchiesta cosiddetta "ai mandanti" della bomba in stazione, 43 anni fa, Bellini è stato condannato in primo grado come esecutore materiale della strage in concorso e omicidio plurimo. La Corte non ha ritenuto invece sussistente il pericolo di fuga, pure contestato dalla Procura generale, perché privo di "elementi concreti", a differenza delle minacce circostanziate alle due persone nel mirino. Nel caso della ex moglie, che lo riconobbe nel video Super8 girato da un turista subito dopo l’esplosione del 2 agosto e in aula ne smontò l’alibi sostenuto per quarant’anni, si tratta del riferimento a un pagamento già avvenuto per farle del male o forse intimidirla e costringerla a ritrattare la testimonianza; nel secondo, del fatto che il terrorista abbia dimostrato di avere raccolto precise informazioni sul figlio del giudice che lo ha condannato, il quale lavora peraltro in un Paese in cui Bellini è stato latitante per anni, con l’alias di Roberto Da Silva, e in cui potrebbe avere ancora "legami e appoggi anche in illeciti contesti". Insomma, "la minaccia è assai seria", chiude il giudice.
L’arresto di Bellini, che potrebbe essere annullato o ridimensionato dal tribunale del Riesame (l’imputato è assistito dagli avvocati Manfredo Fiormonti e Antonio Capitella), potrebbe però anche velocizzare i tempi di fissazione del processo d’appello a suo carico, a Bologna.