Mercoledì 15 Gennaio 2025
REDAZIONE CRONACA

Stefano Leo, il killer confessa: "L'ho ucciso perché aveva l'aria felice"

Un ragazzo italiano 27enne, di origini marocchine, si è presentato ha confessato il delitto dei Murazzi: "Non sapevo chi. Ho aspettato che passasse quello giusto". Procuratore: "Movente da brividi"

Said Machaouat, il 27enne che ha confessato l'omicidio di Stefano Leo (Ansa)

Torino, 1 aprile 2019 - "Quello in riva al Po l'ho ucciso io", arriva la svolta nel giallo dei Murazzi, un 27enne italiano di origini marocchine ha confessato di essere lui l'assassino del 34enne Stefano Leo, ucciso lo scorso 23 febbraio in riva al Po, a Torino. Voleva uccidere qualcuno e ha scelto Stefano perché aveva più o meno la sua età, questo avrebbe spiegato il reo confesso ai carabinieri. "Ho scelto di uccidere questo giovane perchè aveva un'aria felice e non sopportavo la sua felicità", le parole del killer ai militari.

La vittima Stefano Leo (Ansa)

A poche ore dalla 'passeggiata' di amici e parenti in riva al Po per chiedere di far luce sul delitto, Said Machaouat, un italiano di origini marocchine, si è presentato spontaneamente in Questura e ha confessato il delitto. Avendo trovato riscontri nel racconto del 27enne, che ha picccoli precedenti penali, i carabinieri del Comando provinciale di Torino, coordinati dai sostituti procuratori Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli, hanno disposto nei suoi confronti lo stato di fermo. 

Il procuratore vicario di Torino, Paolo Borgna, è turbato nel parlare ai giornalisti: "Il movente che ci viene raccontato fa venire freddo alla schiena". Ai pm Santoriello e Bucarelli infatti il giovane ha confessato: "Volevo ammazzare un ragazzo come me togliergli tutte le promesse, i figli, toglierlo ad amici e parenti". Ma Borgna sul movente frena: "Sono in corso accertamenti".

Said Machaouat si era recato prima in Questura, dove aveva detto di essere l'assasino del 34enne, era confuso e i poliziotti hanno informato i carabinieri, titolari dell'indagine. Portato poi al Comando provinciale, e in presenza del suo legale di fiducia, avvocato Basilio Foti, il 27enne è stato interrogato per oltre tre ore. "Mi sentivo braccato dai carabinieri. Non volevo commettere altri guai", avrebbe spiegato il giovane. Machaouat ha fornito dettagli sulla presunta arma del delitto, un affilato coltello da cucina nascosto in una cassetta dell'Enel di piazza d'Armi, trovato dai carabinieri. Ma ci sono ancora alcuni punti da chiarire, a cominciare dal movente del delitto.

La vittima, Stefano Leo, originario di Biella, viveva dallo scorso novembre a Torino. Era stato a lungo all'estero, tra Cina, Giappone e Australia, poi rientrato aveva trovato impiego come commesso in un negozio d'abbigliamento del centro. Tutte le mattine per recarsi al lavoro faceva una passeggiata in lungo Po Macchiavelli, e anche la fatale mattina di sabato 23 febbraio stava percorrendo quel tragitto abituale. Ieri alla marcia per sapere la verità sull'omicidio del ragazzo c'era anche la sindaca, Chiara Appendino.

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INVESTIGATORI: HA COMPRATO COLTELLO PER UCCIDERE - Il Nucleo investigativo dei carabinieri ha ricostruito gli spostamenti del 27enne la mattina dell'omicidio: Said aveva comprato un set di coltelli, combattuto tra il compiere un omicidio e il togliersi la vita, ha spiegato Francesco Rizzo, comandante provinciale dei Carabinieri di Torino. Il Machaouat è arrivato alle 9.30 circa in piazza Vittorio, è sceso ai Muratti e poi è arrivato in lungopo Machiavelli: "Prima di uccidere Stefano Leo ha avuto una discussione per futili motivi con una persona seduta su una panchina, accusandola di averlo fotografato" con il cellulare. 

Con la confessione però le indagini non sono terminate. Infatti è sotto la lente la vita del presunto omicida, per escludere che sia venuto in contatto con la vittima nei giorni precedenti al delitto. Dopo l'omicidio Said ha nascosto il coltello da cucina in una cassetta elettrica in piazza d'Armi: Era sua intenzione, lo detto lui stesso ai militari, voleva riutilizzarlo. Alla fine ha deciso di consegnarsi alle forze dell'ordine per paura di compiere altri gesti di questo tipo. 

Said Machaouat aveva perso il lavoro a Torino, qundi era partito per Ibiza e poi si era recato in Marocco. Nel gennaio 2019 era tornato nel capoluogo piemontese dove viveva di espedienti e dormiva in un rifugio per senza fissa dimora in piazza d'Armi. Rizzo ha voluto sottolineare l'impegno dei suoi uomini: "È stato fatto un lavoro investigativo minuzioso che ci ha consentito di raccogliere molti indizi di prova, indizi che ad esempio ci hanno permesso di smascherare le dichiarazioni di un mitomane, un giovane che due settimane fa si era presentato in caserma per autoaccusarsi dell'omicidio. Il lavoro investigativo tuttavia non si può dire concluso perché stiamo ricostruendo tutti gli spostamenti del fermato e vagliando 380 filmati".  

Gli inquirenti escludono che si tratti di uno squilibrato, anche se in passato era stato seguito dagli assistenti sociali, è stato sposato e si è separato dalla moglie, dalla quale ha avuto un figlio, nel 2015.

IL LEGALE: NON ESCLUDO SIA UN MITOMANE - L'avvocato Basilio Foti, legale difensore di Said Machaouat preferisce aspettare le analisi: "Non escludo che possa essere un mitomane, a me ha detto che è stato lui, ma basterà esaminare le tracce di dna sul coltello per capire se dice o meno la verità". L'avvocato aggiunge: "Conservo delle perplessità. Ci sono alcuni aspetti che non mi convincono. E' un ragazzo composto, educato, parla un perfetto italiano. Di certo sta vivendo un momento negativo, come quando una coppia si lascia e il padre non può vedere il figlio. A ogni modo se ha davvero ucciso quel ragazzo solo perchè era felice è una cosa mostruosa".

IL RACCONTO CHOC DEL KILLER - Ecco il racconto choc di Said Machaouat ai carabinieri: "Volevo uccidere un ragazzo, una persona la cui morte avesse una buona risonanza, non un quarantenne di cui poi non avrebbe parlato nessuno. Ho comprato i coltelli in un supermercato erano colorati, con il simbolo della Svizzera, sono costati circa 10 euro. Me ne sono subito liberato tenendone soltanto uno, il migliore per quello che avevo deciso di fare". Da lì, via Borgaro, dove si trova il supermercato, Said ha raggiunto piazza Vittorio Veneto e quindi la passeggiata sul lungo Po: "Ho aspettato che passasse quello giusto non so neppure io chi aspettavo. Gli sono andato dietro e l'ho colpito impugnando il coltello con la mano sinistra. Mi sono girato e ho visto che faticava a respirare. Siamo saliti insieme percorrendo i gradini che portano alla strada, lui si è accasciato, mentre io sono andato via camminando velocemente".