Roma, 9 ottobre 2024 – Sottosegretario Stefania Craxi, il 7 ottobre cambierà per sempre la storia del Medio Oriente?
"È indubbio che la situazione, se possibile, si è ancor più complicata. Ma abbiamo la necessità, ancor prima del dovere, di ricercare una pace possibile. Non abbiamo scelta, è l’unica strada possibile per evitare un allargamento del conflitto, con un intervento diretto dei principali player mondiali.”
Lei ha detto che quello di Hamas "è un attacco studiato” con “la volontà di fermare una normalizzazione” e che bisogna impedire ai terroristi un successo “politico”. Le sembra che questo obiettivo si stia ottenendo?
"Dodici mesi dopo è ancor più evidente che l’attacco di Hamas muoveva da interessi altri e diversi da quelli della causa palestinese, che è vittima e ostaggio di questi. Impedire il successo dei terrorismi politici significa e significava – ahimè un obiettivo più lontano - non interrompere i processi di normalizzazione in atto tra lo stato di Israele e il resto del mondo arabo, significa lavorare per la nascita di uno stato palestinese, obiettivo che, oggi come ieri, non passa per la lotta armata.”
La premier Meloni ha detto ieri che “non possiamo restare insensibili davanti alle vittime civili innocenti a Gaza, vittime due volte: prima del cinismo di Hamas, che le utilizza come scudi umani, e poi delle operazioni militari israeliane”. È d’accordo?
"Certo, i civili di Gaza sono vittime! Ma il diritto di difesa di Israele è legittimo e non dobbiamo mai cadere nell’errore, come hanno fatto alcuni esponenti della sinistra nostrana anche in occasione degli attacchi di Hezbollah, di equiparare uno Stato democratico a organizzazioni terroristiche che da anni attentano alla sua sicurezza e non solo. Alcune operazioni militari sono andate oltre e sono persuasa che Israele abbia sottovalutato le conseguenze...”
In che senso?
"Alimentano odio nelle nuove generazioni e negli ambienti più moderati, anche del mondo arabo, e non aiutano Israele a vincere l’altra guerra che sta combattendo, ugualmente importante, ossia quella mediatica e del consenso internazionale che, a differenza del campo, li vede soccombere clamorosamente. Ma nel condannare l’uso spropositato della forza, dobbiamo fare attenzione a non dare alibi a quanti coltivano un pericoloso antisemitismo di ritorno, di cui sento paurosamente gli echi, nelle piazze come nei palazzi.”
La soluzione Due Popoli – Due Stati è ancora praticabile dopo quest’anno di terrorismo e guerra?
"La formula è ancora valida, ma bisogna capire come metterla su carta. Nessuno, né nella comunità internazionale, né la stessa Israele, contesta il principio. Bisogna però affrontare concretamente il tema dei confini, dei coloni israeliani, lo status di Gerusalemme…tutte questioni che necessitano di quel tavolo di discussione che è clamorosamente mancato in questi ultimi lustri e la cui assenza ha alimentato tanti fondamentalismi.” Il presidente Herzog nel suo messaggio alla sinagoga ha chiesto alla comunità internazionale di schierarsi “schierarsi inequivocabilmente” con il paese, sostenendo che “tutti siamo potenziale preda del terrore dell’Iran”.
Il fronte con gli Ayatollah è già aperto da tempo, è un tema che riguarda non solo Israele. Non so cosa farà Netanyahu, magari vorrà tastare la tenuta del regime, ma so per certo che i proclami celano paura e debolezza. Non dimentichiamo che reprimono il dissenso nel sangue e che in questi anni sono stati una delle cause primarie della destabilizzazione mediorientale.”
Cosa deve fare l’UE in questo momento storico? Deve puntare sulla Difesa?
"Deve innanzitutto provare ad essere, per quanto possibile, un soggetto politico. Ma per farlo serve affrontare i nodi e le storture di una costruzione che ha dimenticato la politica. Non c’è politica di difesa e di sicurezza senza politica…”