Roma, 26 giugno 2020 - Tecnicamente, la strada verso le riaperture è in discesa. Il 3 si riapre. Ci sono dubbi solo per la Lombardia e probabilmente, se del caso, solo per una parte di essa. La speranza del governo è dare il disco verde a tutte le regioni. Non a caso la circolare del ministero della Salute del 30 aprile stabilisce – punto 3.2 della tabella 3 – che l’allerta scatti quando il valore RT (l’indice di riproducibilità del virus) è superiore a uno. Non sono quindi confermate soglie ben più basse (addirittura 0,2/0,3) che erano circolate nei giorni passati. Il valore di uno (che comunque, da solo, non basterebbe a far scattare il divieto di riapertura dei confini regionali o altre restrizioni) è, ora come ora, piuttosto alto. Già oggi – e i dati sono in diminuzione giornaliera – il livello medio di tutte le regioni è inferiore a 1.
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Nell’ultimo report della Cabina di regia (16 maggio), l’indice cala in Lombardia (da 0,62 a 0,51), Piemonte (da 0,58 a 0,39), Emilia-Romagna (da 0,6 a 0,49), Marche (da 0,55 a 0,48) e Lazio. Crolla in Umbria (da 1,23 a 0,53) e risale leggermente in Toscana (da 0,39 a 0,59). Ma è sempre largamente al di sotto della soglia, esclusa la piccola Val D’Aosta dove bastano pochi casi per far salire il tasso.
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I nuovi dati saranno disponibili venerdì, e ci si attende che siano ancora inferiori. Quindi, a meno di sorprese clamorose, non sarà l’indice RT a essere un problema. Qualche margine rimane soprattutto per la Lombardia, visto il grande numero di casi totali e dei numeri dei contagi degli ultimi giorni, seppur siano in calo. Anche qui le sensazioni degli addetti ai lavori sono positive, ma se c’è una regione a rischio è la Lombardia.
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Da notare che il decreto legge del 16 maggio dice con chiarezza che "a decorrere dal 3 giugno gli spostamenti interregionali possono essere limitati solo con provvedimenti adottati ai sensi del decreto legge 19, in relazione a specifiche aree, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente".
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Tradotto: il 3 giugno è già deciso che si riapre, nel caso si ritenga di chiudere certe aree (non necessariamente l’intero territorio di una regione) serve però una motivata ordinanza specifica.
Secondo la circolare del 20 aprile, la riapertura "può aver luogo solo ove sia assicurato uno stretto monitoraggio dell’andamento della trasmissione del virus ". Altri presupposti sono "il grado di preparazione e tenuta del sistema sanitario, per assicurare l’identificazione e gestione dei contatti; il monitoraggio delle persone in quarantena; un’adeguata e tempestiva esecuzione dei tamponi per l’accertamento diagnostico dei casi; il raccordo tra assistenza primaria e quella in regime di ricovero; nonché la costante e tempestiva alimentazione dei flussi informativi".
I fattori da tenere presenti sono ventuno, i dati confluiranno in un algoritmo e in una matrice di rischio. Tra gli indicatori più delicati "la presenza di casi in aumento negli ultimi 5 giorni". Ma siccome ci si attende una ripresa dei contagi "nei primi 15-20 giorni dopo la riapertura", anche questo indicatore andrà valutate "congiuntamente al numero dei nuovi focolai di trasmissione". Ci si riferisce in particolare "all’evidenza di nuovi focolai negli ultimi 7 giorni in Rsa, case di riposo e ospedali o altri luoghi che ospitino popolazioni vulnerabili". Inoltre, il tasso di occupazione delle terapie intensive dovrà essere inferiore al 30% e quella degli altri posti letto dedicati al Covid 19 del 40%. Ma nulla è automatico. La Cabina di regia suggerirà misure, ma in ultima analisi la decisione sarà politica.