Roma, 13 maggio 2024 – Quando l’allora premier Matteo Renzi introdusse ufficialmente, nell’ambito della proposta di governo poi passata alla storia come ‘Buona scuola’, gli sponsor nelle scuole (sul modello di quanto già accadeva da decenni negli istituti anglosassoni), furono in tanti a storcere il naso.
A leggere le cronache dell’epoca – era il 2014 – aleggiava, fra le righe, una certa circospezione nei confronti di un inedito ‘preside-manager’, costantemente in cerca di finanziatori privati, disposti a sostenere la sua scuola.
A distanza di circa dieci anni dal lancio dell’iniziativa, il ministero dell’Istruzione intende ora semplificare e uniformare le procedure adottate negli istituti da un capo all’altro del Paese, in particolare per quel che riguarda le modalità di affidamento dei contratti di sponsorizzazione.
Il primo passo in questa direzione è stato, nei giorni scorsi, l’invio di una nota nella quale si chiede a tutte le scuole di esprimere, entro il 31 maggio, "osservazioni e suggerimenti" sulla materia.
La reazione immediata dei sindacati e delle associazioni che gravitano attorno al mondo dell’istruzione è stata un mix di scetticismo, perplessità e cauta apertura: se, in linea generale, non si disdegna l’ingresso dei privati tra le pareti scolastiche, si richiedono, però, tutele consistenti, a partire da un codice etico in grado di evitare forme di commercializzazione mascherate da cofinanziamenti.
Ciò che si teme, insomma, è la deriva da ‘far west’, in cui avrebbe la meglio chi si trova in territori avvantaggiati dal punto di vista economico-imprenditoriale, con il rischio che la disparità economica si traduca, di fatto, in disparità educativa. Un po’ come avviene nello sport, dove chi ha gli sponsor più di grido quasi sempre vince, gli istituti che possono contare su ampie risorse finanziarie potrebbero ambire all’eccellenza e fare la gioia dei propri alunni; quelli più in difficoltà nel reperimento dei finanziamenti sarebbero, invece, destinati ad arrancare.
Ma il ministero guidato da Giuseppe Valditara ha chiarito subito che "le sponsorizzazioni costituiscono, per le istituzioni scolastiche, una fonte di finanziamento aggiuntiva rispetto a quelle di natura pubblica e rappresentano un’opportunità concreta per il miglioramento dell’offerta formativa".
Il ricorso a forme differenziate di finanziamento, tra cui le sponsorizzazioni, rappresenta, infatti, uno dei venti obiettivi del cosiddetto ‘piano triennale per la semplificazione nel settore della scuola’, annunciato un anno fa dal ministro e pensato per ‘semplificare la vita di famiglie, studenti e personale scolastico’.
Tra i sindacati , invece, si paventa il timore che le sponsorizzazioni finiscano con l’esacerbare quel divario Nord-Sud già storicamente presente nel nostro Paese - "quando si parla di alleanze con l’impresa, afferma Giuseppe D’Aprile della Uil, bisogna chiedersi dove siano, al sud, le imprese disposte a dare soldi alle scuole" - presidi e dirigenti scolastici si mostrano decisamente più concilianti. Tra questi, Mario Rusconi, che guida l’Associazione nazionale presidi di Roma ed è stato più volte componente di commissioni ministeriali sull’autonomia scolastica, ha dichiarato che "ben vengano le aziende che intervengono in modo positivo e fanno bene alla scuola, che ha sempre necessità di fondi. È necessario, tuttavia, un codice organizzativo ed etico delle sponsorizzazioni".
Una volta raccolte osservazioni, idee e buone pratiche già attuate nel vasto panorama della scuola italiana, le indicazioni del Ministero dovrebbero diventare operative entro l’avvio del prossimo anno scolastico.