«Siamo pronti a restituire le fasce tricolore». La protesta dei sindaci delle zone terremotate post sisma 2016 è, ovviamente, durissima, ma per ora non trova ascolto. Succede che, venerdì scorso, in sede di commissione Bilancio della Camera dei Deputati, nessuno degli emendamenti utili a sbloccare la ricostruzione è passato. Il problema, a questo punto, è che, per consolidata prassi parlamentare, se un emendamento non viene prima ‘concordato’ in commissione, da parte delle forze di maggioranza, è altamente improbabile che il governo cambi idea e dia parere favorevole quando, a partire da lunedì, il dl Rilancio inizierà il suo esame nell’aula di Montecitorio.
Sia perché, di fatto, passando dal ‘no’ al ‘sì’, il governo smentirebbe se stesso, sia perché la maggioranza, cambiando idea, manderebbe ‘sotto’ il governo, specie se gli emendamenti venissero riproposti dalle opposizioni che, ovviamente, hanno subito attaccato il governo sul punto. Certo, al Senato, quando il dl Rilancio arriverà in seconda lettura, il testo può sempre cambiare ed è in quella sede che promette battaglia in particolare il senatore di Forza Italia, eletto nelle Marche, Andrea Cangini ("o abbiamo di fronte degli incapaci, al governo, o degli insensibili, e non saprei dire cosa è peggio"), ma per ora le cose stanno così.
Un danno, politicamente e materialmente, assai grave, dunque, quello per i terremotati, che colpisce 130 comuni e quattro regioni (Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio). Si trattava di emendamenti che corrispondono a un pacchetto di misure che sarebbe servito a molti scopi. In particolare alla stabilizzazione del personale (ad oggi a tempo determinato), alla proroga dello stato di emergenza dopo il 31 dicembre 2020, all’aumento degli incentivi per i tecnici (soprattutto commercialisti) che assistono i cittadini per l’autocertificazione e a molto altro.
La denuncia parte dai sindaci e dai comitati del ‘cratere’ marchigiano, che insorgono, e si estende a macchia d’olio: denunciano il fatto gli amministratori umbri, abruzzesi, laziali, tutti pronti – annunciano – a restituire, indignati, le loro fasce tricolori. Particolarmente imbarazzato il lamento di denuncia di Maurizio Mangialardi, coordinatore delle Anci terremotate di Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, nonché candidato presidente della Regione Marche a nome del centrosinistra: "Abbiamo lavorato a un documento di sintesi che il presidente dell’Anci Decaro ha portato in audizione al governo. La bocciatura degli emendamenti è inaccettabile".
Il commissario alla ricostruzione post-sisma, Giovanni Legnini, dice di "capire" "la preoccupazione dei sindaci, di Anci regionali, la delusione dei cittadini del cratere per il mancato accoglimento di queste norme. Adesso è importante insistere affinché siano varate al più presto, utilizzando il veicolo normativo che il Governo riterrà appropriato". L’idea della maggioranza è di infilarle nel dl Semplificazioni che ancora deve essere varato dal governo. Chiosa Cangini: "I soldi per la ricostruzione ci sono, ben sei miliardi, ne sono stati spesi pochi milioni, ma nessuna ricostruzione è partita e 30mila italiani vivono fuori casa". Oltre al danno c’è anche la beffa: il 24 agosto ricorrerà l’anniversario della prima terribile scossa di terremoto.