Martedì 16 Luglio 2024

Terremoto L’Aquila, sentenza choc: “Sette studenti morti per la loro condotta incauta”

La Corte d'Appello ha respinto i ricorsi delle famiglie in sede civile: nessun risarcimento, anzi dovranno pagarsi le spese legali. Confermata la sentenza di primo grado che scagionava il governo da ogni responsabilità

La protezione civile all'Aquila dopo il terremoto del giugno 2009 (Pressphoto)

La protezione civile all'Aquila dopo il terremoto del giugno 2009 (Pressphoto)

L’Aquila, 15 luglio 2024 – La Corte d'Appello dell'Aquila ha respinto sette ricorsi delle parti civili sui decessi nel terremoto del 2009, confermando la sentenza di primo grado risalente ad aprile 2022 e riguardante il crollo della palazzina in via Gabriele D'Annunzio 14, nel centro storico del capoluogo della Regione Abruzzo, dove ci furono 13 vittime.

Il processo civile: “I ragazzi incauti”

Nel processo civile il recente pronunciamento ha ruotato in modo semplificativo sul giovane studente di Frosinone, Nicola Bianchi. In primo grado il giudice Monica Croci aveva riconosciuto addirittura il cento per cento di colpa alla vittima: Bianchi avrebbe saputo di vivere in un edificio poco sicuro e sarebbe comunque rimasto in casa per poter sostenere all'indomani l'esame.

Un verdetto contro il quale la famiglia ha proposto Appello tramite l'avvocato Alessandro Gamberini del Foro di Bologna. In secondo grado il collegio giudicante ha nuovamente respinto l'istanza, assieme a quella di altre sei parti, famiglie di studenti universitari che abitavano quello stabile insieme, deceduti nel crollo. 

Secondo i giudici, gli studenti non sarebbero morti perché rassicurati e dunque indotti a rimanere nei loro alloggi dalla Protezione civile attraverso la Commissione Grandi Rischi, ma per una sorta di loro condotta incauta. In particolare non ci sarebbero “prove certe” delle rassicurazioni, pertanto mancherebbe il cosiddetto “nesso causale” per attribuire responsabilità di natura civile.

La Commissione Grandi Rischi che si era riunita all'Aquila il 31 marzo del 2009 –  cinque giorni prima del tragico terremoto – per valutare lo sciame sismico che andava avanti da mesi, diffuse messaggi rassicuranti. Ma la sentenza esclude colpe del governo di allora. Le famiglie non solo non avranno risarcimenti, ma dovranno pagare le spese legali, quasi 14 mila euro secondo il quotidiano Il Centro. La battaglia legale si sposta ora in Cassazione. 

Il procedimento penale 

Nel procedimento penale il tribunale dell'Aquila aveva prima condannato a sei anni i sette scienziati che avevano partecipato alla riunione per poi assolverli in appello ad eccezione di Bernardo De Bernardinis, l'allora vicecapo della Protezione civile, la cui condanna a due anni è stata confermata anche in Cassazione. De Bernardinis, che aveva presieduto la riunione al posto dell'allora capo della Protezione civile nazionale, Guido Bertolaso, aveva inviato, subito dopo, messaggi rassicuranti che avrebbero indotto gli aquilani a non prendere le misure tradizionali, tra cui quella di uscire di casa dopo una scossa.