Statue di Hafez Assad scaraventate a terra e fatte a pezzi da dimostranti. Motociclisti che – prima ancora dell’arrivo delle forze ribelli – attraversano le città sventolando la ‘Bandiera della Rivoluzione’. Militari che in mezzo alla strada gettano la divisa e indossano abiti borghesi. Mentre appare imminente la spallata definitiva a Damasco da parte delle forze jihadiste guidate da Hayat Tahrir a-Sham (Hts) la Siria di Bashar Assad è già relegata alla Storia.
Nella notte di venerdì un aereo privato è decollato da Damasco per gli Emirati arabi uniti, con a bordo – secondo notizie ancora non confermate – familiari del presidente. Di fronte alle voci insistenti Assad è stato costretto a emettere un comunicato ufficiale in cui assicurava di essere a Damasco, impegnato nella difesa delle istituzioni. Ma ormai è sempre più solo. E pronto all’esilio.
Navi da guerra russe hanno lasciato il porto di Tartus. L’aviazione russa, che doveva intervenire per fermare i ribelli, è rimasta a terra. I militari russi hanno anzi smantellato sofisticati sistemi di difesa aerea, perché non cadessero nelle mani degli insorti. In poche ore Assad ha perso il controllo sull’aeroporto militare T4 (punto di forza della sua aviazione), della base aerea Mazzeh (vicino a Damasco) e dei depositi strategici di missili a Palmyra. Ai confini del Paese, il caos. Ai valichi con l’Iraq migliaia di militari siriani in fuga. In partenza anche i consiglieri militari dell’Iran.
Dal Libano, in controtendenza, sono entrati in Siria 2mila miliziani degli Hezbollah: troppo poco per sostenere il regime. Sul Golan, di fronte all’esercito israeliano, i soldati siriani hanno ceduto le posizioni a forze irregolari di insorti provenienti da Dar’a e da Suweida, nel sud del Paese. Nella zona Israele ha dichiarato la massima allerta. Netanyahu ha convocato il gabinetto di difesa anche perché il ritmo di avanzata dei ribelli lascia tutti – israeliani inclusi – sbigottiti: in dieci giorni i ribelli sono avanzati di centinaia di chilometri da Aleppo, via Hama e Homs, dove ieri sono entrate le prima forze di commando. Altrettanto rapida l’avanzata dal sud verso Damasco: i rivoltosi vedono a occhio nudo i quartieri della città.
In queste condizioni è evidente la preoccupazione per i 300 italiani in Siria. "Al momento per loro non ci sono preoccupazioni", ha assicurato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. "Alcuni sono riusciti a lasciare il Paese, tutti sono in contatto con la nostra ambasciata". "Ho parlato con il Nunzio a Damasco. Chiediamo alle parti in conflitto – ha aggiunto – di preservare la popolazione civile. E che venga garantita la sicurezza di tutte le minoranze, a partire da quella cristiana".
Nei giorni scorsi il leader del Hts, Mohammad al-Joulani, alla Cnn, si è espresso in termini non dissimili, malgrado il suo passato sotto al Qaeda. Ha detto che la sua organizzazione vuole edificare una nuova Siria dove nessuna componente venga emarginata o cancellata. Ha anche rivolto un ramo di ulivo all’Iran, malgrado il decennale sostegno di Teheran al regime Assad. Gli eventi tumultuosi in Siria, affermano analisti in Israele, sono strettamente legati alla guerra di Israele contro l’Iran, Hamas ed Hezbollah.