Siracusa, 1 marzo 2018 - Immaginarsi di passare un’intera giornata nel cuore di un’agorà (una piazza) dell’antica Grecia, a contatto con filosofi e oratori, immerso in profonde discussioni sul sommo Bene o sull’Utile e la Virtù in politica. Un luogo nel nostro Paese dove è possibile vivere – grazie alla necessaria fantasia – un’esperienza di tanto spessore è Siracusa, angolo di Magna Graecia ancora intatto. Qui, in quella che fu un’importante colonia greca (fondata nel 733 a.C. da un gruppo di esuli da Corinto) e che scrisse importanti pagine di storia e di pensiero (vi soggiornò anche Platone, quando elaborò i dieci libri della Repubblica, il suo dialogo politico più importante), anche le pietre parlano. A iniziare dal teatro costruito nel V secolo per accogliere le opere immortali di Eschilo, Sofocle ed Euripide o del commediografo Aristofane. Nel III secolo a.C. fu trasformato da fragile struttura in legno a costruzione in muratura e ancora oggi il visitatore può vedere parti del palco e della scena, può notare i posti numerati (con lettere greche) per i nobili e senatori romani, vip omaggiati con posti d’eccellenza. Si possono notare addirittura – rivelate da uno scavo recente – le basi in cui venivano montate le scenografie delle tragedie, enormi impalcature da cui, a volte, scendeva il “deus ex machina”, la divinità chiamata a risolvere l’intreccio. Si possono infine notare i camerini, dove gli attori si cambiavano d’abito. Un percorso, quello nella Siracusa antica, che non può prescindere dall’antistante isola di Ortigia, dove nel VI sec. a.C. fu edificato il più antico e maestoso tempio dorico della Grecia antica, dedicato al dio Apollo, divinità con Artemide protettrice della città: due divinità antitetiche, Apollo, dio legato al sole, alla musica e alle arti (anche alla medicina), e Artemide, connessa alla caccia, alla natura nella sua espressione più tetra e misteriosa (Artemide è divinità delle veglie notturne, della solitudine e dell’astinenza sessuale).
Due figure con ognuna un tempio, a poca distanza l’uno dall’altro. Oggi si ammirano i resti del grande tempio di Apollo, vestigia imponenti di cui è conservata la parte più interna, quella più sacra, riservata ai sacerdoti per i loro riti propiziatori (Apollo emetteva anche oracoli). Qui si scrissero pagine epiche dell’archeologia pionieristica quando nel 1788 Dominique Vivant Denon, illuminista francese, si recò da queste parti con insigni studiosi dell’epoca e identificò sul terreno le parti del grande tempio, descrivendone, a poco poco, la funzione che ebbero all’interno dall’area sacra.
Oggi si distinguono il colonnato, il vestibolo, appunto la cella più interna e sembra quasi di immaginare - magari leggendo le poesie che Pindaro dedicò a Gerone, tiranno di Siracusa, che vinse nella corsa dei carri alle Olimpiadi - i sacerdoti che ringraziavano con inni e offerte Apollo per aver assistito il loro signore. E non si può visitare Siracusa senza omaggiare Archimede, che qui risultò decisivo nel respingere un attacco dei romani (che riuscirono a vincere solo dopo due anni di assedio: dal 214 al 212 a. C.) incendiandone la flotta con gli specchi ustori e colpondone l’esercito con ingegnose macchine belliche (come le catapulte). Ancora oggi sono visibili sui resti delle mura antiche tracce dei rovinosi incendi appiccati dai romani per piegare i siracusani assediati.