Città del Vaticano, 2 settembre 2024 – La sfida è chiara: essere Chiesa sinodale in missione. Sul come affrontare la partita, cruciale in un mondo segnato da un progressivo indifferentismo religioso, ci sono solo poco più di tre settimane per proporre soluzioni operative. Lo sanno bene i 368 padri e madri sinodali – 33 le donne contro le 54 del 2023; 96 i non vescovi, pari al 25% del totale – che da oggi al 27 ottobre si riuniranno in Vaticano per la seconda e ultima sessione del Sinodo sulla sinodalità. Anche quest'anno all'assise prenderà parte come invitato l'ex No Global, Luca Casarini. Dalla Cina, invece, sono attesi due vescovi.
Se non ha ideato l’istituzione sinodale, Francesco l’ha di certo rivitalizzata, favorendo una più piena partecipazione dei laici, nell’ottica di un reale cammino corale di tutte le componenti della Chiesa. Nelle mani del Papa arriverà il documento finale dell’assise sinodale da votarsi sulla base dell’Instrumentum laboris. Toccherà a lui poi tirare le somme. Fra le novità della sessione la veglia penitenziale tenutasi ieri sera nella basilica di San Pietro. Francesco ha chiesto perdono per i peccati più vergognosi invocando la misericordia di Dio. In particolare, la liturgia ha raccolto tre testimonianze di persone che hanno subito i peccati degli abusi sessuali, della guerra e dell’indifferenza rispetto al dramma dei migranti.
Cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, l'assise sulla sinodalità riapre i battenti, lei come vorrebbe che finisse?
"Il mio sogno è quello d’imparare sempre più a camminare insieme come Chiesa. Sembra poco, ma non lo è”.
Quali gli errori da non ripetere in occasione di questa seconda e ultima sessione?
“L’anno scorso, nell’ambito del primo appuntamento, la discussione è stata un po’ dispersiva, non sempre incentrata sul tema specifico dell’assemblea: la sfida di come essere Chiesa sinodale in missione. Dobbiamo essere realistici e dire che tre settimane di confronto sono obiettivamente poche, per questo le energie vanno profuse sull’argomento specifico del confronto”.
Da qui anche la decisione del Papa di affidare a dieci gruppi di studio materie come il diaconato femminile, la missione nel digitale, le questioni dottrinali, pastorali ed etiche più controverse?
“Esatto, questi temi, vedi lo stesso accesso delle donne all’Ordine sacro, non sono stati accantonati, come ho sentito lamentare da qualcuno. Tutt’altro, se ne é parlato nella prima sessione, sono stati recepiti dall’assemblea e accolti dal Pontefice che ha istituito dei gruppi proprio per tracciare percorsi e soluzioni operativi”.
A questo Sinodo non si parlerà, insomma, di diaconato femminile?
“Non avrebbe senso ripetere il confronto. Non possiamo discutere ad eterno”.
Come è prassi, esaurita l’assise, il Papa potrebbe stilare un’esortazione apostolica. Sarà in quel contesto che si avrà una risposta chiara sull’accesso delle donne all’Ordine sacro, in particolare al diaconato?
“Quel che posso dire è che sicuramente una riflessione sulla presenza delle donne nella Chiesa è ormai una 'conditio sine qua' non. Poi quando... . Questo dipende dal materiale che arriverà al Santo Padre. Non dimentichiamo che chi garantisce la bontà del discernimento nella diocesi è il vescovo, nella nostra amata Chiesa universale è Pietro”.
Come si spiega questa attenzione alla presenza e alla partecipazione femminile nella Chiesa da parte dei media e, più in generale, del mondo laico?
“Semplicemente perché questa domanda nella base cattolica esiste. Non è un’invenzione dei media”.
Missione e sinodalità sono gli architravi del pontificato di Francesco?
“Sì, proprio così”.
Nella Chiesa, però, c’è chi nella sinodalità vede una limitazione del potere del Papa... .
“Non è vero, vuol dire che non abbiamo spiegato bene il concetto o che qualcuno non l’ha capito. Sin dall’inizio sto ribadendo che la Chiesa è costituzionalmente sinodale e al contempo costituzionalmente gerarchica”.
Sbaglia allora chi vede nella sinodalità un’apertura alla democrazia nella Chiesa?
“Questa riflessione è errata, ma non perché la democrazia non abbia il suo valore, assolutamente no. Semplicemente la Chiesa di per sé non è una democrazia”.