Venezia, 19 luglio 2024 – Tragedia ieri a Marcon, nel Veneziano: una bambina di un anno dimenticata in auto è morta. Il caldo e l’assenza di acqua sono stati letali: purtroppo nessuno ha sentito i pianti disperati della piccola. Non si tratta del primo caso del genere, e ogni volta che la cronaca porta alla luce questi terribili incidenti si torna a parlare della sindrome del bambino dimenticato.
In cosa consiste
La sindrome è un tentativo di spiegare cosa accade quando i genitori dimenticano i propri figli piccoli chiusi in macchina, senza che rendersi conto di cosa stiano facendo e ricordandosi di loro spesso solo dopo ore, con tragici epiloghi. Questo potrebbe accadere quando il padre o la madre hanno un modo di ragionare che si concentra sulle cose da fare nell’immediato futuro piuttosto che su quelle che si stanno svolgendo nel presente.
Le cause scatenanti
Nel caso in cui si tratti di genitori che non sono soliti accompagnare i propri figli in auto, un ruolo importante è giocato dalla memoria procedurale. Ad esempio, un padre abituato a guidare direttamente verso il lavoro, potrebbe dimenticarsi che nel momento specifico deve accompagnare suo figlio all’asilo. Farebbe quindi lo stesso percorso e le stesse azioni di routine, scendendo dalla macchina normalmente, come se non ci fosse nessuno con lui.
Inserire il ‘pilota automatico’ dissociandosi dalla realtà potrebbe essere dovuto anche a dei problemi alla memoria di lavoro, quella che si occupa di ‘fotografare’ quanto sta accadendo e di ‘immagazzinarlo’ nella memoria a lungo termine. Da questo punto di vista, la mancanza di sonno e lo stress possono essere dei fattori scatenanti.
Chi colpisce
Non c’è una figura ‘tipica’ che viene colpita dalla sindrome del bambino dimenticato: possono averci a che fare sia gli uomini che le donne, di tutte le età, di ogni temperamento e senza distinzione di formazione, classe sociale e background culturale. Non si tratta quindi di genitori negligenti né instabili: sono semplicemente vittima di una compromissione della memoria.
A giocare maggior peso potrebbe essere piuttosto il carattere del bambino: quelli silenziosi e tendenzialmente tranquilli sono più ‘a rischio’ dei coetanei più vivaci.
Come prevenirla
È possibile scongiurare tragici eventi adottando alcune consuetudini. Innanzitutto, è utile non aumentare le distrazioni quando si deve accompagnare il proprio figlio da qualche parte: ad esempio, è consigliabile non rispondere al telefono o ai messaggi, restando così concentrati su questo compito.
Avere accanto a sé, sul sedile del passeggero davanti, un oggetto che ricordi del proprio figlio può ‘fissare nella mente’ la sua presenza sul seggiolino dietro. Un pacco di pannolini, un peluche o un giocattolo sono sufficienti. In alternativa, posizionare il seggiolino del bambino sul sedile posteriore centrale – se l’automobile lo permette – può renderlo più visibile dallo specchietto.
Visto che il nodo centrale della sindrome è proprio la routine, adottare l’usanza di aprire una delle portiere posteriori prima di allontanarsi dal veicolo può essere d’aiuto.
Ci sono poi dei dispositivi che possono allertare sulla presenza di qualcuno nell’automobile: un esempio è il seggiolino antiabbandono, obbligatorio dal 2019 per chi ha figli sotto i 4 anni, che invia notifiche, messaggi o persino telefonate al cellulare dei genitori.
Infine, essere consci dei cambiamenti alla propria routine e fornire i propri contatti – sia personali che di lavoro – al personale dell’asilo frequentato dai figli può diminuire la possibilità di tragici epiloghi.