Giovedì 26 Dicembre 2024
RITA BARTOLOMEI
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

Simonetta Cesaroni, “i servizi segreti e le altre piste”. L’avvocato della svolta: via Poma, un ambiente di potere

Federica Mondani assiste da molti anni la famiglia della segretaria ventenne massacrata con 29 coltellate il 7 agosto 1990. Il gip ha respinto la richiesta di archiviazione della procura. “La vittima era una ragazza semplice, chi stava in quella palazzina no”

Simonetta Cesaroni aveva 20 anni quando venne assassinata, il 7 agosto 1990 in via Poma a Roma

Simonetta Cesaroni aveva 20 anni quando venne assassinata, il 7 agosto 1990 in via Poma a Roma

Roma, 26 dicembre 2024 – Delitto di via Poma: il gip ha appena respinto la richiesta di archiviazione, 34 anni dopo l’omicidio, il 7 agosto 1990 Simonetta Cesaroni venne massacrata con 29 coltellate. Avvocato Federica Mondani, lei assiste la famiglia della vittima da molti anni. Si aspettava questa svolta?

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“Diciamo che è anche la conseguenza di un lavoro importante che abbiamo svolto. Il primo esposto è del 2021, siamo riusciti a portare elementi nuovi”.

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Tra i più rilevanti?

“Uno di quelli che posso citare riguarda il foglio delle firme, la presenza dei colleghi di Simonetta. Da quello schema, risultano persone in alcuni orari e giorni coincidenti con quelli della vittima. Invece prima, nelle dichiarazioni rese, quelle persone avevano sempre negato”.

Il giallo di via Poma c’entra con i servizi segreti?

“Questa è una delle piste da approfondire che il giudice ha indicato nel suo provvedimento”.

In tutti questi anni non era stata scandagliata?

“Veramente anni fa il tema era stato toccato. Ma secondo il giudice, non si era andati a fondo”.

Quindi possiamo pensare di non avere capito nulla di questo omicidio?

“Se avessimo capito, avremmo trovato il colpevole”.

La svolta su Simonetta Cesaroni e il processo per l’omicidio di Nada Cella, che si aprirà a febbraio dopo 29 anni. Perché queste indagini sono state così tormentate?

“Per via Poma la risposta è chiara. Sono stati commessi errori per inesperienza e incapacità, da parte dell’équipe investigativa”.

Può fare qualche esempio?

“L’immobile di via Poma è stato dissequestrato pochissimi giorni dopo il delitto, e rimesso nella disponibilità del presidente degli Ostelli. L’agendina rossa, quella con la scritta Lavazza, di proprietà del portiere, all’inizio venne considerata come oggetto personale di Simonetta. Soltanto il papà si accorse che non era della figlia e la riconsegnò. Ma anche da ultimo, con il procuratore precedente all’attuale, sono stati commessi errori. E il giudice lo scrive nell’ordinanza. Che è molto coraggiosa”.

A suo parere il giallo si risolverà o resterà un mistero per sempre?

“Sono fiduciosa. Questo giudice in 55 pagine dà linee molto precise, nette, come se volesse proprio comunicare la richiesta di ricominciare daccapo. A volte il tempo può aiutare”.

Sotto la lente ci sono anche ambienti insospettabili?

“Sicuramente quello di via Poma era un ambiente di potere, così lo definisce lo stesso giudice. Simonetta era una ragazza semplice ma chi stava in quella palazzina no”.

La vittima potrebbe aver sentito o visto qualcosa che non doveva sentire o vedere?

“Questa è un’ipotesi. Oppure potrebbe aver aperto a qualcuno che conosceva e che l’ha massacrata, preso da un raptus sessuale. Altra pista, qualcuno sapeva che quel giorno a quell’ora Simonetta era da sola. Quindi ha suonato alla porta con l’idea di andare a importunarla, presentandosi magari come persona socialmente influente”.

Il punto oggettivo?

“Sicuramente in quelle palazzine c’era un ambiente importante. Poi il delitto può essere stato commesso anche da un estraneo, questo resta da vedere”.

Quindi ha speranza che il giallo infinito arrivi a una soluzione?

“Sì, perché con il tempo le coscienze possono anche decidere di alleggerirsi. Tanti protagonisti non sono più presenti. Noi non cediamo. Ora è la procura che deve mettersi a investigare secondo le linee che ha dato il giudice”.