
Il senatore leghista Simone Pillon (Ansa)
Perugia, 11 aprile 2019 - Il senatore leghista Simone Pillon, che ha dato il nome al contestatissimo ddl sull'affido familiare, è stato condannato dal giudice unico di Perugia a 1.500 euro di multa per diffamazione nei confronti del circolo gay Omphalos, in riferimento ad alcune affermazioni con le quali aveva commentato (quando ancora non era parlamentare) una loro iniziativa nelle scuole. Il giudice ha anche disposto il risarcimento, da liquidarsi in sede civile, nei confronti dello stesso circolo (20mila euro) e dell'attivista Michele Mommi (10mila euro), al pagamento della quale il giudice ha subordinato la sospensione della pena. Mommi si è costituito parte civile con gli avvocati Saschia Soli e Marco Florit.
"Difendere le famiglie costa caro" PILLON - E' lo stesso senatore leghista - che tra l'altro è stato uno degli organizzatori del Congresso della famiglia di Verona - a commentare la condanna. Il parlamentare ha assistito in aula alla lettura della sentenza e ha detto: "Difendere le famiglie dall'indottrinamento costa caro". Poi ha aggiunto: "E' un primo grado, non una sentenza definitiva. Ci sarà spazio per l'appello".
"Certo è - ha detto ancora Pillon - se difendere le famiglie che non vogliono che i loro figli siano indottrinati con i gender porta a queste conseguenze credo che ci sia un problema serio di liberà d'opinione nel nostro Paese". E alla domanda se rifarebbe le affermazioni al centro del processo, il senatore ha risposto senza esitazione: "Sì". Pillon, difeso dagli avvocati Laura Modena e Stefano Forzani, su Facebook spiega: "Sono stato condannato in primo grado per aver osato difendere la libertà educativa delle famiglie, che, a quanto pare, non possono più rifiutare l'indottrinamento 'gender' propinato ai loro figli. Ricorreremo in appello, ma è proprio vero che certe condanne sono medaglie di guerra. Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario, diceva Orwell. Beh, io non mollo. E non mollerò mai".
"Useremo i soldi contro il bullismo omofobico nelle scuole" IL CIRCOLO GAY - Il presidente di Omphalos Lgbti, Stefano Bucaioni, commenta soddisfatto: "Giustizia è fatta nei confronti di un personaggio che ha fatto dell'odio nei confronti delle persone omosessuali e transessuali la sua ragione di battaglia politica". Diversi attivisti del circolo gay perugino, che erano in aula al momento della sentenza, si sono abbracciati, visibilmente soddisfatti. "Annunciamo fin da ora - ha spiegato ancora il presidente del circolo - che utilizzeremo ogni centesimo del risarcimento per incrementare le iniziative contro il bullismo omofobico nelle scuole. Piaga sociale che necessita di sempre maggiore attenzione. Non possiamo non far notare a quanti, a Perugia con Pillon e a livello nazionale con Salvini, hanno stretto un'alleanza politica, che l'odio e le campagne false e diffamatorie nei confronti del prezioso lavoro delle associazioni Lgbti non pagano e - ha concluso Bucaioni - che queste alleanze qualificano le proprie proposte".
"Ora una legge contro l'omofobia"
GAY CENTER - "Riteniamo positiva la sentenza, i nostri auguri ai volontari e militanti che hanno vinto la causa", afferma Fabrizio Marrazzo portavoce del Gay Center. "Speriamo che questa sentenza - aggiunge - inizi a far capire anche alla politica che i diritti delle persone lesbiche e gay non possono essere calpestati. Resta sempre importante l'approvazione di una legge contro l'omofobia, perchè questa causa - conclude - è stata possibile vincerla in quanto il senatore ha fatto delle diffamazioni specifiche, altrimenti, come in molti altri casi sarebbe rimasto impunito».
IL PROCESSO - Pillon è stato processato per quanto detto come consigliere nazionale del Forum delle associazioni familiari in tre incontri, tutti nel 2014: ad Assisi e Bastia Umbra, a giugno, a San Marino, ad agosto, e ad Ascoli Piceno, a novembre. Quando cioè non era ancora senatore. I suoi interventi finirono poi sul web. In particolare Pillon è stato accusato di avere offeso la reputazione di Omphalos e dei suoi membri "diffondendo notizie non corrispondenti al vero sull'attività di informazione e di prevenzione delle malattie venere svolte dall'associazione, attribuendole iniziative e messaggi distorti rispetto al loro effettivo contenuto".
In particolare - emerge dal capo d'imputazione - sostenendo che un opuscolo intitolato "Lo sapevi che?" destinato alla diffusione tra i giovani fosse un invito ad avere rapporti omosessuali mentre - ha ritenuto l'accusa - aveva la "chiara finalità di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili".
Pillon doveva inoltre rispondere di avere additato l'associazione, "impegnata in incontri educativi nelle scuole", come "istigatrice all'omosessualità" o come "soggetto che distribuisce materiale pornografico". Formulando "gravi insinuazioni" sulla funzione del Welcome group.