Roma, 12 maggio 2020 - "Quei soldi sono di sicuro importanti per Al Shabaab, anche se non saranno decisivi. Arrivano a una grande organizzazione che non è più quella dei tempi d’oro, parlo degli anni fra il 2011 e il 2015, ma che comunque ha ancora migliaia di combattenti". La valutazione è di Francesco Marone, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica internazionale ed esperto di Africa.
Il riscatto per la liberazione di Silvia Romano è arrivato a loro? "Mi lasci premettere che per ora non ci sono conferme ufficiali, ma è molto probabile che la giovane cooperante fosse nelle loro mani o di qualcuno vicino a loro. Gli shabaab (in arabo ‘i ragazzi’) hanno migliaia di guerrieri. Oggi sono radicati solo nelle aree rurali del centro e del sud della Somalia".
Come pensa che verranno utilizzati i denari del riscatto di Silvia Romano? "La somma non consentirà un salto in avanti, ma è sicuramente utile, anche se non sappiamo quanti siano ora i membri del gruppo. Si stima una forza di circa 3mila. Nell’epoca di massima espansione e influenza erano 10mila. La somma è un contributo a una grande entità che fa della violenza un suo punto distintivo. Non è detto che compri solo armi da fuoco, perché deve pagare i suoi membri e sostenere le sue attività. Sicuramente è una cifra notevole, soprattutto se si considerano gli standard del Paese, nel pianeta uno dei più vicini al concetto di stato fallito. L’Onu nel 2011 calcolava che i ricavi di Al Shabaab raggiungessero in tutto dai 70 ai 100 milioni di dollari".
La cifra arriva in un momento di apparente difficoltà per i qaedisti somali. Si sono ridotti a mettere a segno attentati anche contro i civili inermi. "Ma il sequestro è un’operazione complessa".
In che senso? "Occorre una capacità che questa organizzazione ha di sicuro, visto che ha messo a segno altri rapimenti in passato. È chiaro che quella ai danni di Silvia Romano è stata un’operazione con fini solo economici, ossia di estorsione. Non è stata invece un’azione di propaganda, non c’erano intenzioni di ricatto politico. In questo caso infatti sarebbero stati diffusi alcuni video".
Ritorniamo al declino di Al Shabaab. Le risulta? "L’organizzazione ha ormai 14 anni. Ha vissuto il suo momento d’oro fra il 2011 e il 2015, quando è arrivata a un passo dalla conquista di Mogadiscio. In questa parabola discendente ha mostrato attivismo. Pur non essendo stabilmente presente nei grandi centri abitati, negli ultimi mesi è riuscita a mettere a segno diversi attacchi, nonostante la pressione dei militari somali, della forza armata dell’Unione Africana per il mantenimento della pace, l’Amisom, dei droni statunitensi. Trump infatti ha ordinato un’attività crescente dopo l’uccisione di un contractor e di un soldato americano".